Nel XVI secolo, nasce la Palinuro di Età “Moderna”. Nel XX secolo si trasforma in quella “Contemporanea”.

Lo storico F. Barra [1] rileva come la lettura delle mappe aragonesi di Giovanni Pontano, seconda metà del XV secolo e di tavole del Cinquecento, dell’Ordine di Malta (pubblicate rispettivamente nel 2008 da F. La Greca e da V. Valerio [2] e da E. Ricciardi nel 2010 [3]) permette di ricavare informazioni circa la presenza, in età medioevale e moderna, di insediamenti antropici (casali/borghi, torri costiere, ponti, castelli e altro), riguardo alle terre che oggi fanno parte del Comune di Centola tra cui il promontorio di Palinuro e le valli dei fiumi Lambro e Mingardo, inclusa la collina di Molpa (figg. 1 e 2).

In questi documenti non sono riportate sia le torri vicereali, costruite nel secolo XVI, sia la fortezza eretta sulla collina della Molpa, a metà ‘500 da D. Sancio de Leyva. F. Barra formula quindi l’ipotesi che i rilievi cartografici siano antecedenti alla data di pubblicazione delle mappe. In particolare, per la carta aragonese, egli li fa risalire, considerando anche l’arcaicità dei toponimi dei casali e delle località, all’incirca alla prima metà del XIV secolo [1]. L’area del capo Palinuro appare spopolata: non c’è indicazione di casali o borghi. Sul promontorio è chiaramente segnalata la presenza di alcune torri costiere a difesa del porto (probabilmente di età angioina, 1266 – 1442) [1]. Nella carta aragonese, dislocate in una posizione lontana dalla sommità del poggio, nella zona della piana, sono evidenziate le rovine di Molpa. Risalendo il tratto collinare compreso tra i corsi dei due fiumi, sono indicati i piccoli casali di San Sergio, Varragano e Trivento. A quota maggiore sono segnalati il centro abitato di Centola con l’abazia di S. Maria e di San Severino. Per quest’ultimo, all’epoca capoluogo della baronia di San Severino, caratterizzato dalla presenza di un possente castello a difesa della valle del Mingardo e del ponte, il rilievo grafico ne evidenzia la sua rilevanza e popolosità anche rispetto a Centola. Infine, ancora più a nord è evidenziato il piccolo borgo denominato “Foliero”, poi Foria [1].

Da un documento angioino del 1320 e da un aragonese del 1443 si ricava che San Severino con i suoi casali (Centola, Foria e Poderia) [1] presenta un numero di fuochi pari rispettivamente a 324 e 207. Nel casale di Molpa, esposto a frequenti attacchi e più volte saccheggiato e quasi distrutto, sono ancora presenti 15 fuochi (circa 45 abitanti). Palinuro come casale non è nominato, a dimostrazione del fatto che, all’epoca; non esisteva, un borgo con tale nome in accordo con quanto emerge dalle mappe. Pertanto nel tardo medioevo e prima età moderna l’intera area del promontorio di capo Palinuro è spopolata. I centri abitati sono segnalati in zone collinari più sicure e lontane dalla costa al fine di meglio difendersi dalle scorrerie dei pirati saraceni e turchi. Inoltre la città di Molpa, dislocata distante dalla sommità della collina omonima, in tarda età medioevale è riportata in rovina e plausibilmente abbandonata dai suoi abitanti rifugiatisi nei casali vicini (San Sergio, Trivento, Varragano e quindi Centola e San Severino).

Nel 1554 [periodo della dominazione spagnola e vicereale del regno di Napoli (1505-1734)] il nobile spagnolo D. Sancio Martinez de Leyva quando acquistò i feudi di Pisciotta – Palinuro e Molpa costatò che le terre dei suoi possedimenti erano incolte e spopolate. La causa principale era da ricercarsi, tra l’altro, nelle frequenti incursioni dei pirati Turchi e Barbareschi che, indisturbati, avevano eretto a loro base il porto di capo Palinuro da cui partivano sia per assaltare le navi, che doppiavano il promontorio, sia per saccheggiare i casali collinari risalendo le valli del Lambro e del Mingardo.

Il de Leyva per provvedere alla sicurezza delle terre del suo feudo e delle vie del mare fece costruire due possenti torri, una sopra la spiaggia della Ficucella e l’altra alla foce del Lambro. Inoltre sulla sommità della collina della Molpa eresse una vera e propria fortezza [1].

Il sistema di difesa avviato da don Sancio per il promontorio di Palinuro s’inserì in un progetto molto più vasto, voluto dal Viceré di Napoli don Pedro di Toledo, Marchese di Villafranca, che prevedeva la costruzione di un complesso di torri di difesa e avvistamento dislocate in punti strategici lungo le coste del regno. Le prime torri furono realizzate dal successore di don Pedro, don Parfan de Ribera, duca d’Alcalà, dal 1563 [4]. Questo imponente programma fu portato a termine solo nel 1748 con la costruzione e l’armamento di 739 torri. Il numero relativamente elevato di torri difensive e di avvistamento intorno al Capo Palinuro conferma la riconosciuta posizione strategica di questo promontorio e delle foci dei due fiumi il Lambro e il Mingardo e della collina della Molpa (fig. 3).

Il de Leyva contribuì anche a valorizzare il porto di Palinuro. Infatti, egli non solo vi trasferì la tonnara, che era alla Molpa ma avviò anche un’intensa e proficua attività imprenditoriale basata sia sulla lavorazione del pescato, in loco, che era conservato sott’olio o sottoposto a salagione sia sulla sua commercializzazione. Questi beni insieme con altri prodotti specifici del luogo o delle aree vicine (olio, vino, grano, legname, mortelle e altro) erano inviati via mare verso i mercati di Salerno e Napoli [1, 5, 6]. Intorno alla seconda metà del Seicento è documentato che il porto di Palinuro si caratterizzasse per la presenza di due piccoli edifici religiosi (la cappella di S. Giovanni e quella di S. Antonio), una taverna e magazzeni per la conservazione e lavorazione del pescato oltre a una torretta di avvistamento a difesa dell’approdo [1, 7].

Nel 1636, Federico Pappacoda, marchese di Pisciotta, Palinuro e Molpa (nel 1622 aveva acquistato anche le terre di Centola) concesse “a censo enfiteutico” il possesso di terreni incolti del feudo ad abitanti di Centola [1].

Quest’ultimo accadimento insieme con quelli prima citati e cioè l’implementazione della sicurezza delle coste da Caprioli alla foce del Mingardo e lo sviluppo delle attività incentrate sul porto di Palinuro avviate dal de Leyva, determinò un graduale processo di popolamento della zona centro – occidentale del promontorio, confinante a est con il crinale della collina di San Paolo e a ovest con la spiaggia della Ficucella e la torre difensiva voluta da don Sancio.

Nasceva la “Palinuro Moderna”, che nel tempo si sviluppò intorno a quella che oggi è chiamata via Indipendenza e che vedeva anche due nuclei abitativi in località Belvedere e Porto Alla crescita di questo piccolo centro concorsero sia contadini sia pescatori tra cui anche quelli addetti alla tonnara del porto.

I terreni della collina di San Paolo, del Faracchio e del Belvedere e quelli a ridosso del crinale che separa il Lambro dalla spiaggia delle saline furono bonificati dai contadini che per evitare la transumanza giornaliera da Centola fissarono la loro dimora nell’area sopra descritta costruendovi le loro abitazioni così contribuendo, insieme a pescatori, alla antropizzazione del capo [1]. Inizialmente si formarono dei nuclei rurali scollegati tra loro che in seguito si coagularono in un insieme urbano con la vecchia torre della Ficucella trasformata in un grosso edificio per immagazzinare derrate alimentari e per alloggiare gli amministratori dei Pappacoda, famiglia feudataria fino al 1806, quando la feudalità fu abolita dai governanti francesi che avevano sostituito i Borbone sul Regno di Napoli [8]. Tra i secoli XVIII e XIX l’insediamento assunse le caratteristiche proprie di villaggio. Alcune fotografie dalle quali è possibile rilevare la configurazione del borgo di Palinuro e del Porto e di come si siano trasformati nel tempo sono riprodotte nelle figg. 4 – 9.

Nel 1793 Palinuro contava 35 famiglie (~260 abitanti), nel 1815 il borgo si ingrandisce ulteriormente essendo articolato su 88 case rurali di cui 5 con frantoio. Come centro abitato appare nel censimento del 1828 (297 abitanti) che diventano 231 in quello del 1843 [1]. Il decreto di Ferdinando II del 18 settembre 1841 sancisce che quella che era chiamata la “Marina di Palinuro”, fosse dichiarato villaggio dipendente (frazione) dall’amministrazione comunale di Centola dal 1842 [10, 11].

Il borgo di Palinuro, nel tempo, cresce e si arricchisce anche d’importanti edifici. In via Indipendenza furono eretti i palazzi della famiglia Rinaldi e Amendola; fu anche costruita la chiesa Parrocchiale (~1842) intitolata a S. Maria di Loreto. Sulla collina di San Paolo è costruita una fastosa dimora,“Villa Stanziola”, cui fu dato il nome di “Casone” (fig. 10) in stile barocco che comprendeva una cappella dedicata alla Madonna dell’Immacolata. L’8 dicembre i palinuresi erano soliti celebrare messa in questa cappella. Purtroppo questa dimora di valore storico – culturale, per incuria andò in rovina e abbattuta; ora al suo posto sono state costruite moderne strutture abitative.

Anche l’antica chiesetta parrocchiale del XIX secolo (fig. 11), improvvidamente, fu demolita per permettere la costruzione di una nuova e più capiente chiesa [12] (figura 12).

La strada che dalla chiesa porta al Belvedere fu costruita nel 1897. Il porto fu collegato mediante una strada rotabile con il centro di Palinuro intorno al 1913. Bisognerà attendere il 1921 per la costruzione del ponte sul Lambro e il 1929 per l’apertura al traffico veicolare della strada che congiungerà il porto di Palinuro con Centola e la stazione ferroviaria [9] (figura 13).

Con quest’ultima opera termina l’isolamento del borgo di Palinuro.

Nel 1953, in un rigoglioso uliveto in località Saline, fu inaugurato il nuovo Villaggio del Club Mediterranée (figura 14).

Con l’apertura di questa struttura ricettiva le bellezze di Palinuro e delle sue coste, ma anche quelle dei territori interni, furono scoperte e conosciute oltre che a livello nazionale anche all’estero.

Purtroppo, “l’epopea” del Club – Med, sui cui vantaggi a “long range” ci sarebbe molto da discutere, intorno ai primi anni degli anni “80 del secolo scorso ebbe termine. I proprietari si riappropriarono dell’area che avevano affittato al Club; in assenza di controlli adeguati al posto dei tucul e delle poche infrastrutture in muratura, si costruirono pseudo- villette, spesso abusive. L’area caratterizzata dalla presenza di lussureggianti e secolari piante di ulivo fu devastata da rilevanti processi di degrado ambientale [13] (figure 14- 18).

In pochi anni, Palinuro, un piccolo borgo i cui abitanti vivevano di pesca e agricoltura, si sviluppa e cresce trasformandosi in una località la cui economia è fondata essenzialmente sul turismo balneare. Si realizzano grandi strutture alberghiere; l’impianto urbanistico subisce rilevanti cambiamenti, anche l’ambiente soffre profonde e inadeguate modificazioni; in alcune aree si assiste a una cementificazione selvaggia che porta allo sconvolgimento del paesaggio con distruzione oramai irreversibile della biodiversità.

Nasce la Palinuro Contemporanea.

RIFERIMENTI

  1. F. Barra, <Storia di un territorio>, Terebinto edizioni, Avellino (2017).
  2.  F. La Greca, V. Valerio, <Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aragonesi di Giovanni Pontano, le terre del Principato Citra>, Edizioni, C.P.C., Acciaroli – SA, (2008).
  3. E. Ricciardi, <Nelle terre dei Cavalieri. Il mezzogiorno d’Italia nella cartografia dell’Ordine di Malta>, Aracne, Roma (2010).
  4. A. La Greca, < Appunti di storia del Cilento>, Centro Promozione Culturale per il Cilento, (2001).

    b) A. La Greca, A. Di Rienzo, E. La Greca, <Viaggio nel Cilento>, CI. RI. (1984).

    c) F Misuraca, A Grasso, <Pirati, corsari e schiavitù nel Mediterraneo> http://www.ilportaledelsud.org/pirati.htm

  • E. Martuscelli,<Il vino del territorio di Centola: Storia, Miti e Tradizioni>, Edito dall’Associazione Progetto Centola, tipografia E. Albano, Napoli, (2019).
  • E. Martuscelli,<Antichi mestieri del Cilento. L’arte della concia e il suo indotto: tannini vegetali e la calce>, Annali Storici di Principato Citra, anno XV, n. 2, pp. 167-199 (2017).
  • M. Iannone,<Platee relative ai feudi di Pisciotta e Molpa>, Annali Storici di Principato Citra, anno XVI, n. 1, pp. 184-112 (2018).
  • M. Iannone, <Il feudo di Pisciotta tra i secoli XVII e XIX>, Giannini Editore, Napoli (2016).
  • E. Martuscelli, dati non ancora pubblicati.
  • P. Ebner,< Storia di un feudo del mezzogiorno, la baronia di Novi>, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma (1973).
  • A. Capano, <Centola e il suo catasto provvisorio: Paesaggio naturale e paesaggio antropizzato nel 1815>, Annali Cilentani, 14 (1997).
  • M. L. Amendola, E. Martuscelli, <Palinuro, tradizioni e costumi>, Edito dall’Associazione Progetto Centola, tipografia E. Albano, Napoli, (2017).
  • A. Schiavino, da corriere.it; https://industriadelturismo.com/palinuro-se-ne-va-verso-labbattimento-lex-club-med-immortalato-da-guido-piovene/

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