Il matrimonio per procura (1a Parte)
Il matrimonio per procura, elemento fondamentale dell’avventura migratoria nel Cilento (P.1 – Introduzione)
Il “Matrimonio per Procura”, previsto sia dal Diritto Canonico (can. 1088 – 1089) sia dall’art. 111 del Codice Civile, è praticato quando uno degli sposi, residente in un paese lontano, per tutta una serie di motivazioni non può essere fisicamente presente alla celebrazione del rito. In questa circostanza egli delega, con atto pubblico, un terzo a rappresentarlo ed esprimere il consenso al matrimonio.
A questo istituto giuridico hanno fatto ricorso un numero rilevante di emigrati italiani espatriati, oltreoceano, specialmente, in paesi del continente Americano e in Australia [1 – 4].
Ci si sposava per procura a causa dell’alto costo del viaggio in nave e anche per la precarietà del posto di lavoro.
Carlo Graziano e altri nel riferimento [5] circa le motivazioni alla base dei matrimoni per procura scrivono:
<Ci si poteva sposare per procura solo se uno degli sposi viveva all’estero e non poteva per gravi motivi, essere presente in Italia. […] > [5].
I gravi motivi nella cruda realtà erano i seguenti: <la povertà, l’impossibilità economica di affrontare le spese del viaggio e l’assenza dal lavoro […] per chi viveva in Australia occorrevano, tra andata e ritorno e il tempo delle nozze, quasi tre mesi. Assentarsi dal lavoro per tre mesi significava non guadagnare e si rischiava al ritorno di avere perso i lavoro> [5].
Il fine era quello di avere dei figli sposando una compaesana di famiglia possibilmente nota.
Da studi condotti sull’emigrazione dal territorio di Centola (basso Cilento, Provincia di Salerno) si è rilevato come numerosi furono i matrimoni per procura che hanno visto il congiungersi di una giovane, residente nel Comune (la sposa) con un pretendente espatriato in un lontano paese rappresentato per delega da un parente/amico dello sposo. Spesso era il padre dello sposo o un suo fratello ad accompagnare la sposa all’altare.
L’Associazione storico culturale “Progetto Centola” da molti anni ha avviato una serie di iniziative allo scopo di fare emergere nei dettagli il fenomeno del matrimonio per procura, coinvolgendo direttamente i membri delle famiglie interessate attraverso la messa a disposizione di documenti (fotografie e scritti) e/o mediante racconti orali.
Tra le azioni più significative sviluppate, in relazione al raggiungimento dell’obiettivo di cui sopra, rientrano le seguenti:
- Il progetto di collaborazione tra scuola, Istituto comprensivo di Centola, Associazione Progetto Centola e Amministrazione comunale di Centola dal titolo “L’emigrazione e il matrimonio per procura” (2014).
Alla ricerca, coordinata dalla prof.ssa Annamaria Pace, hanno partecipato gli alunni delle classi II e III-a della scuola secondaria di I grado di Centola-Sa. I risultati sono stati presentati alla fine dell’anno scolastico in una cerimonia ufficiale della scuola. Essi sono conservati nell’archivio dell’Associazione e visionabili nel sito Web – in una sezione dedicata [6].
- Progetto Ambiente “Memoria e tradizioni”, programmato dalla scuola, Istituto Comprensivo di Centola Plesso Scolastico “P. Virgilio Marone” Palinuro, in collaborazione con l’Associazione storico – culturale “Progetto Centola” (anno 2013 – 14).
Il progetto ha visto impegnati i giovani studenti, supportati dai membri dell’Associazione e dalle famiglie in un’attività di ricerca sul fenomeno migratorio che interessò Palinuro nel secondo dopoguerra.
I risultati sono stati pubblicati in un volume a stampa dal titolo “Partono i bastimenti, palinuresi oltre l’oceano”, edito dall’Associazione Progetto Centola, a cura della docente Giuseppina Raimondo, Ezio Martuscelli e Bonaventura Di Bello. La prima di copertina è mostrata nella figura 1 [7].
Giuseppina Raimondo, nella premessa al libro scrive:
<In un primo momento i ragazzi hanno considerato tale attività come uno dei tanti compiti scolastici da eseguire per dovere e più o meno diligentemente. […]. Strada facendo, però, man mano che gli alunni intervistavano persone anziane del paese, che vissero l’esperienza dell’emigrazione, fratelli o figli di emigranti , man mano che scoprivano e riportavano le storie di uomini e donne che, spinti dal bisogno e armati di coraggio e di speranza, lasciarono la propria terra in cerca di una vita migliore per sé e per i propri figli, ai loro occhi il fenomeno cessava di essere solo un insieme di dati statistici astratti; quegli uomini e quelle donne acquistavano il volto e l’identità dei loro bisnonni, dei nonni, degli zii che con i loro sacrifici contribuirono al progresso del nostro territorio. A questo punto, quello che era uno dei tanti compiti scolastici si è rivelato una ricerca stimolante e appassionante che li ha condotti , non solo ad approfondire l’argomento di Storia utilizzando il metodo della ricerca, ma soprattutto a prendere coscienza del fatto che la nostra realtà, nel bene e nel male, è frutto di quanti ci hanno preceduto. Analogamente la realtà di domani sarà quella che i giovani d’ oggi consegneranno alle future generazioni, cioè ai loro figli e ai loro nipoti. Si dice che se non si sa da dove si viene , non si potrà mai sapere dove si andrà. La conoscenza delle proprie radici può essere di sprone ad un impegno serio nello studio, nel lavoro e anche in campo politico per un ulteriore progresso del nostro territorio.
La ricerca ha avuto, inoltre, un naturale approdo nella riflessione sulla realtà del fenomeno migratorio odierno: i tanti migranti che approdano sulle coste italiane in cerca di condizioni di vita più umane e dignitose meritano lo stesso rispetto che i nostri connazionali cercavano nei Paesi d’ accoglienza.
Poiché la conoscenza non è fine a se stessa ma deve tradursi in comportamenti virtuosi, nutriamo la fiducia che nei nostri alunni si sviluppi uno spirito di tolleranza e di solidarietà verso coloro che arrivano nel nostro Paese con la speranza di una futuro migliore> [7].
- Convegno sulla “Emigrazione e il Matrimonio per Procura”, organizzato dall’Associazione Progetto Centola il 21 Agosto 2014, La locandina di questo evento con i nomi dei partecipanti è riprodotta nella figura 2 [8].
Nell’ambito di questo evento i familiari, in alcuni casi i diretti interessati, hanno illustrato, presentando documenti originali e fotografie dell’epoca, “case history” di matrimoni per procura di coppie di centolesi.
Amedeo La Greca nell’introdurre il convegno di cui sopra così si è espresse circa l’argomento trattato nel presente volume:
< […] l’analisi antropologica “minore”, se così si vuol dire, ma tale non è, cioè condotta fuori dai canali accademici, ci dice che è tempo di rivolgerci ad altri aspetti che hanno rappresentato la vera vita degli emigrati e che spesso sui libri di storia sono liquidati con qualche frase generica sulla difficoltà della lingua, sul difficile inserimento nel mondo del lavoro, sulle sopraffazioni subite dagli stessi compaesani, ecc. […]. E in questo concetto credo che possa rientrare anche uno di quegli aspetti minori dell’emigrazione, non determinante per la storia ufficiale che vi ha dedicato solo qualche rigo nei loro voluminosi libri, ma che si rivelava fondamentale per i protagonisti; il matrimonio per procura.
Diciamo subito che fu un fenomeno diffuso in tutte le regioni interessate dall’emigrazione in tutta l’Italia, a partire dalla prima emigrazione nell’America del Sud a finire agli Stati Uniti fino ai primi del Novecento, per intensificarsi poi con l’emigrazione in Australia nell’immediato secondo dopoguerra.
Ogni paese aveva la sua cerimonia nuziale più o meno simile a tutte le altre ma a volte con sfumature derivate dall’ambiente o dalle consuetudini del luogo che si erano affinate proprio nel corso della seconda metà dell’Ottocento.
Il progetto di una vita in comune era oltretutto una specie di antidoto per vincere il nemico peggiore dell’emigrato: la solitudine. Sì, la solitudine dell’emigrato […] ha fatto scrivere migliaia di pagine a sociologi, a psicologi, ad antropologi: l’esame, spesso commiserativo o intriso di romanticismo retrò di questi aspetti credo sia ben lontano dalla realtà che solo chi l’ha vissuta può veramente testimoniare. E i documenti insostituibili, oltre alle poche carte della burocrazia ancora custodite in qualche archivio comunale, sono le lettere, appunto. Vi riferisco a come la tradizione orale dei paesi lì dalle mie parti riporta. Nei primi tempi bisognava affidarsi a quanto i famigliari scrivevano circa la possibilità di una moglie paesana, spesso scelta dalla madre; molto valeva la famiglia di provenienza della ragazza che all’emigrato era ben nota o direttamente o tramite i racconti ascoltati dal genitore. La trasmissione orale giocava allora un ruolo fondamentale in mancanza di altri tipi di comunicazione. Ci è difficile capire oggi, nei tempi dell’informatica e della facile e continua informazione in tempo reale, cosa fosse quella che possiamo definire la solitudine dell’informazione, vale a dire l’essere tagliato fuori da tutto ciò che poteva essere più confortevole in una vita fatta solo di lavoro e solitudine, appunto. Solo quando anche nei nostri paesi cominciarono a circolare le fotografie con maggiore frequenza, la comunicazione diventava visiva, era più calda, diretta, quasi tangibile. Ma si trattava, comunque, pur sempre di una semplice fotografia che, nei suoi limiti, non aveva purtroppo la facoltà e il potere di trasmettere aspetti caratteriali della persona rappresentata; ma nonostante tutto, spesso si riusciva a concordare a distanza un matrimonio che avrebbe poi fatto incontrare i due promessi sposi.
Era comunque un matrimonio a rischio con tutti i suoi possibili limiti e rischi, ma nella maggior parte dei casi necessariamente riuscito perché, in caso di fallimento, non c’era alternativa né per l’uno – che sarebbe tornato a vivere da solo – né per l’altra che avrebbe avuto molti, troppi interrogativi su come condurre la vita in un paese straniero e lontanissimo, dal quale era difficilissimo e comunque vergognoso tornarsene.
La pratica dei “Matrimoni per procura”, è durata fino agli anni ’50 – ’60, gli ultimi si sono celebrati da parte degli emigrati in Australia. Si trattava di un vero e proprio matrimonio, dunque, che veniva celebrato nel paese d’origine della sposa e ivi registrato. In chiesa il sacerdote celebrava la funzione con la sposa in abito bianco della tradizione e al posto dello sposo vi era un amico di fiducia o un parente; seguiva una breve festicciola fatta in casa – come del resto si usava anche per i matrimoni tradizionali – con tutti i parenti, i vicini di casa, per gradire i dolci, il rosolio per le donne ed un bicchiere di vino per i maschi.
Il parroco e i familiari provvedevano poi a regolarizzare le carte per la partenza e ad allestire il bagaglio, che consisteva in un baule che conteneva le “cose” della dote della sposa, per lo più il corredo.
All’arrivo nel paese di destinazione, per consuetudine, quasi un obbligo far scattare la foto da mandare ai parenti, con la sposa in abito bianco, a testimonianza della felice conclusione. Spesso si trattava di fotomontaggi che abilmente oscuravano la realtà, alquanto triste per i primi tempi, ma che non doveva apparire ai parenti nel paese natale: non poteva mostrarsi se non che l’America era “l’America”.
Una ricerca vera e propria su questo argomento in tutti i nostri Comuni non è stata ancora fatta, per cui, a quanto mi risulta, non si conosce né il numero né gli elementi portanti di una siffatta consuetudine se non relativamente a singoli casi documentati nei singoli paesi. Non credo che una ricerca del genere si ridurrebbe a sterili numeri ma sono convinto che aggiungerebbe un tassello importante alla storia dell’emigrazione cilentana.
Allo stato attuale delle ricerche, dunque, si può pensare al matrimonio per procura come fenomeno sociale di lieve portata, perché alquanto limitato rispetto al numero degli emigrati, e quindi non incise a livello sociale […] Ma va studiato e considerato come uno degli elementi fondamentali dell’avventura migratoria di moltissimo nostri compaesani, in quanto, a livello personale, incise profondamente e determinò la vita dei protagonisti.
In ultima analisi fece parte fondante della loro patria culturale trapiantata oltre oceano> [8].
Altre informazioni, sull’emigrazione in generale e sui matrimoni per procura, si sono ricavate dai tre libri pubblicati dall’Associazione “Progetto Centola” contenenti gli scritti presentati alle tre edizioni del Concorso di Narrativa dal titolo: “Storie, Aneddoti, Fatti e Misfatti di Centola e delle sue Frazioni” (I – II – e III edizione, figura 3) e curati da Maria Rosaria Lo Schiavo ed Ezio Martuscelli [9].
Negli ultimi anni le ricerche sul fenomeno emigratorio dal territorio del Comune di Centola hanno portato alla conoscenza di altri casi di matrimoni per procura.
L’insieme dei dati raccolti su questo interessante argomento, spesso poco trattato nei testi di storia dell’emigrazione, hanno spinto l’Autore a raccogliere in una forma organica l’insieme di informazioni ottenute nel corso degli studi effettuati in un unico volume caratterizzato da una ricca e inedita iconografia.
Ci si auspica che dalle storie raccontate e dalle testimonianze recuperate possano emergere interessanti elementi utili ad approfondire questa interessante problematica.
Una fotografia che ricorda un caso di matrimonio per procura a Centola è mostrata nella figura 4.
RIFERIMENTI
- Risultati del progetto di collaborazione tra scuola, Istituto comprensivo di Centola, Associazione Progetto Centola e Amministrazione comunale di Centola dal titolo “L’emigrazione e il matrimonio per procura” (2014). Coordinatrice prof.ssa Annamaria Pace,
- “Partono i bastimenti, palinuresi oltre l’oceano“, a cura di Giuseppina Raimondo, Ezio Martuscelli e Bonaventura Di Bello, edito dall’Associazione Progetto Centola (2014).
- A. La Greca, estratto della relazione introduttiva al Convegno “Emigrazione e il Matrimonio per Procura”, organizzato dall’Associazione “Progetto Centola” il 21 Agosto 2014 a Centola (SA).
- AA. VV. “Storie, Aneddoti, Fatti e Misfatti di Centola e delle sue Frazioni” (I, II e III edizione), a cura diMaria Rosaria Lo Schiavo ed Ezio Martuscelli, stampato da Enzo Albano, Napoli (2012 – 2015 e 2019).
- “La famiglia Iorio di Centola“, a cura di Mauro Iorio, Edito all’Associazione Progetto Centola, Napoli, stampato da Enzo Albano (2019 – 18).
Ezio Martuscelli
Presidente Ass. “Progetto Centola”
Centola, 01/07/2023