Battaglia aerea sui cieli del Cilento

RICORDI E AVVENIMENTI DI TEMPO DI GUERRA

Battaglia aerea sui cieli del Cilento

di Gino Martuscelli

 

Ricordo che nell’estate del ’40, allo scoppio della guerra e i primi bombardamenti su Napoli, con la mia famiglia (figure 1 e 2), le mie sorelle Lilia, Laura, mio fratello Ezio, all’epoca appena nato, ci trasferimmo a Centola (piccolo paese del basso Cilento – SA) (figura 3). Fui iscritto alla scuola elementare del paese, ma devo confessare che trascorrevo una buona parte delle mie giornate giocando e divertendomi con i miei amici di sempre, quelli più stretti, il caro Peppino Rinaldi, Gaetano Natale e Gerardo Luise (figure 4 e 5). Le giornate, in paese, per noi ragazzi, trascorrevano tranquille, non avvertivamo le ansie e le preoccupazioni per la guerra in corso; ansie sicuramente vissute da mia madre, essendo papà ufficiale superiore dell’esercito, all’epoca di stanza a Taranto e quindi lontano da casa.

Solo nel 1943 il paese fu interessato anzi coinvolto in alcuni episodi bellici e un avvenimento in particolare é rimasto impresso nella mia memoria.

Un giorno, sul finire della scuola, quindi ai primi di giugno, giocavo giù al Serrone con alcuni compagni e improvvisamente fummo travolti, frastornati dal rombo potente di aerei. Immediatamente sollevai lo sguardo al cielo e vidi un aereo più grande dirigersi verso il mare, tallonato da un altro più piccolo. Poi venni a sapere che il primo velivolo era americano e il secondo un caccia tedesco.

Ricordando i ripetuti moniti a casa e gli avvisi esposti a scuola, sul comportamento da mantenere per proteggersi in caso di eventuali attacchi aerei, mi rintanai nella cavità di un grosso tronco di ulivo, augurandomi che presto potesse ritornare la calma. Più tardi, in silenzio, uscii dal mio nascondiglio, mi diressi verso casa e, arrivato in paese, immediatamente, venni a sapere che l’aereo americano danneggiato, aveva ammarato e che l’equipaggio era stato tratto in salvo da un’imbarcazione tedesca, di base al porto di Palinuro.

Ma il fatto più interessante per i miei occhi di giovane, fu l’arrivo a Centola di alcuni militari americani feriti, scortati dai tedeschi. Grande fu l’emozione e la curiosità che attraversò il paese, la mia ancora di più, quando i prigionieri feriti furono condotti, per ricevere il primo soccorso, nello studio medico di mio zio, Vincenzo Martuscelli nella casa di famiglia di Via Roma.

Più tardi, o forse il giorno successivo, non ricordo bene, in paese si diffuse la notizia che un aereo tedesco danneggiato, quello dell’inseguitore, era atterrato fortunosamente presso la località Isca, sul greto del fiume Lambro (Figure 6 e 7).

Ancora non so quale fu la molla che mi spinse, ero piccolo, incosciente e talvolta irresponsabile e non curandomi di mia madre e delle mie sorelle, fui preso dall’irrefrenabile curiosità di vedere il velivolo.

Rinsaldato nella decisione dai soliti compagni di giochi, insieme a Gerardo Luise e altri mi allontanai da casa senza avvertire nessuno. Presi la vecchia mulattiera per Palinuro e poi sentieri accidentati, incurante dei graffi procuratimi sui polpacci dai rovi e a rotta di collo arrivai al fiume, al cospetto del mostro alato!

Tutti si davano da fare intorno all’aereo, l’equipaggio tedesco ma anche contadini, giovani. Spostavano i sassi più grossi, quasi a preparare una pista per il decollo del velivolo, laboriosamente e quasi amichevolmente. A pensarci bene l’episodio é da collocarsi cronologicamente sul finire della primavera del 1943, prima dell’armistizio, altrimenti a noi Centolesi non sarebbe stato riservato un trattamento così poco ostile.

Riprendendo le fila del racconto, ricordo che tornando a casa, dopo molte ore, stanco per il lungo percorso in salita, rimuginavo sull’accaduto. Paventavo la punizione che mi sarebbe stata inflitta per il mio comportamento così superficiale e fortuna che papà era a Taranto!

Ma fortunatamente, il sollievo provato dalle donne di casa nel vedermi, nel potermi riabbracciare, compensò la preoccupazione crescente per la mia prolungata assenza e me la cavai semplicemente con una sonora ramanzina!

A distanza di tanti anni conservo ancora vivida l’immagine di quella corsa e di quell’aereo e credo che molti amici centolesi leggendo il racconto possano riconoscersi e ricordarlo anch’essi.

 

Il testo del racconto, con l’aggiunta di nuove foto, è estratto dal libro, “La Cuginanza di Centola (1940 – 1955)”. Esso E’ stato riproposto, in parte rivisitato, su autorizzazione dell’Associazione Progetto Centola che ha edito il libro, pubblicato nel (2016).

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