La Scuola in Tempo di Guerra (E. Martuscelli)

In questo periodo di “Pandemia”, dovuta al “Corona Virus”, sicuramente il settore più colpito è quello della Scuola che ancora oggi suscita grossi dibattiti sia sulla chiusura sia sulla riapertura di settembre. Comunque vadano le cose, il sistema scolastico subirà profonde modifiche e gli studenti con i docenti, dovranno adattarsi a innovative forme di didattica e di apprendimento che inevitabilmente saranno causa di disagi non irrilevanti.

A proposito di questa critica situazione di oggi è sembrato interessante proporre questo scritto dove si raccontano le problematiche e le difficoltà che le sorelle, Lilia e Laura Martuscelli, insieme al fratello Gino, dovettero affrontare per portare avanti i loro studi durante il periodo della seconda guerra mondiale trascorso a Centola, piccolo e isolato paese del Basso Cilento in provincia di Salerno.

La famiglia Martuscelli (figura 1), subito dopo l’inizio della guerra (10 giugno 1940), finite le scuole, a fine giugno, con l’inizio dei bombardamenti, si trasferì da Napoli prima a Francavilla sul Sinni (PZ), ospite dei nonni materni, Luigi Ferrara e Paola Viceconte, e quindi a settembre a Centola, paese natale del padre Antonio, dove rimase fino alla fine del 1944 dopo che a seguito della liberazione di Roma (5 giugno 1944) il fronte si era spostato a nord.

A Centola si presentò il problema di come Lilia, Laura e Gino potessero proseguire gli studi. La primogenita Lilia, nata il 19 giugno 1929, che aveva frequentato a Napoli, nell’anno scolastico 1939-40, la prima media al ginnasio Genovesi, a Piazza del Gesù, avrebbe dovuto frequentare la seconda media, ma purtroppo a Centola c’erano solo le scuole elementari. Pertanto lei dovette studiare privatamente. Per un certo periodo lezioni private furono impartite da un professore di lettere che veniva da Palinuro. Lilia non rammentava il nome di questo professore, ricordava solo che era zoppo. Le lezioni, seguite oltre che da Lilia anche da Tina Palumbo ed Elena Lamassa, si tenevano in casa Lupo alla Serra (figura 2).

A giugno del 1942 Lilia si trasferì a Lagonegro (PZ) dove la zia, Luisa, moglie del fratello della madre, Mario Ferrara, era preside della locale scuola media. In questa scuola diede come privatista, superandoli gli esami di licenza media.

Poi Lilia dopo avere studiato, sempre privatamente a Centola, i programmi previsti per il IV e il V ginnasio, nel mese di giugno 1944, dopo l’avvenuta liberazione del Sud d’Italia, si trasferì a Taranto (alloggiò presso un istituto di suore) dove il Padre, ufficiale – Maggiore del Genio Militare Marittimo, prestava servizio presso l’arsenale della Reggia Marina. In una scuola di questa città lei sostenne da privatista, l’esame di licenza ginnasiale, superandolo.

Lilia raccontava come in treno, mentre si recava insieme al padre a Taranto (oppure mentre tornava da Taranto), nel vagone viaggiassero anche molti soldati indiani o pakistani, riconoscibili per il grande turbante bianco che ne fasciava la testa. Lei guardava timorosa e quasi impaurita, ma anche curiosa, questi soldati, dal colorito olivastro, provenienti da paesi lontani. A un certo punto uno di questi soldati si rivolse a Lilia e gentilmente le offrì, una scatoletta contenente del riso abbrustolito che Lilia dopo avere chiesto il consenso del padre accettò con molto piacere, curiosa di assaporare del riso preparato in una maniera a lei ignota. Questo riso le riuscì graditissimo. Fra Lilia e il soldato indiano si stabilì un rapporto amichevole. E’ probabile che lei ricordasse a questo soldato una figlia o sorella lasciata, chissà da quanto tempo, in una città o sperduto villaggio del suo lontano paese.

Le vicissitudini scolastiche della secondogenita Laura, nel periodo bellico a Centola, sono così ricordate dalla stessa:

“Nell’anno scolastico 41 – 42 io frequentavo la quarta elementare, la mia maestra era la Sig.ra Anna Marotta (da Salerno), moglie di Luigino Villano (quest’ultimo, appassionato cacciatore, fu per un certo periodo anche fattore della famiglia Martuscelli), una signora molto gentile e molto materna (figura 3).

Ricordo che dovetti cambiare libri perché nel periodo fascista non erano tutti uguali, si dividevano in libri per i centri urbani e libri per centri rurali, ciò fece molto scalpore a Centola.

Tra le mie compagne di classe c’era Anna (Ninuccia) Raucci e Felicetta Ciccariello, figlia di Alfonso (figure 4 e 5). Anna era figlia di Carluccio, un negoziante di generi alimentari che aveva in fitto una bottega di nostra proprietà, che poi in futuro acquisterà, sita sulla discesa della piazza. Mamma faceva la spesa giornalmente da lui, che segnava tutto su un libretto, poi quando papà veniva in licenza, faceva i conti, scalando dal fitto pattuito tutto ciò che mamma aveva comprato.

Nel 1943 facevo la quinta elementare (l’aula era in una locale fronte strada alla Serra) e il mio maestro era il segretario del fascio di Centola, il prof. Aldo Andaloro, un siciliano di Gangi. Era solito assegnare qualche compito, incaricava me che ero la capoclasse di sorvegliare i compagni, e lui usciva per ore per andare alla “Casa del Fascio”. Ricordo che l’8 settembre 1943, quando ci fu l’armistizio, ritornò precipitosamente, con la moglie e la figlioletta, in Sicilia per paura che ci fossero ritorsioni contro i fascisti.

Nel giugno 1943 papà venne in licenza per accompagnarci tutti a Francavilla perché io dovevo sostenere l’esame di ammissione alla scuola media a Lagonegro della quale era preside zia Luisa, moglie del fratello di mia madre, Mario. A settembre, il nonno Luigi Ferrara, con una macchina, ci fece riportare a Centola.

Giunti sotto la stazione di Centola, sul fiume Mingardo, dove c’è quella piccola galleria che porta a Camerota, fummo fermati da una pattuglia tedesca, un posto di blocco, che guardò in macchina e ci lasciò andare, era una mamma con quattro bambini!

All’inizio del 1944 eravamo ancora a Centola. Io avrei dovuto frequentare la scuola media, ma non essendoci scuole medie in questo piccolo paese, dovetti prepararmi da privatista per poi sostenere l’esame di ammissione alla seconda media in qualche istituto. Mi preparò il maestro Antonio Fusco, neodiplomato, figlio di Peppino Fusco detto di “Vicchiariello” (Antonio Fusco è indicato con freccia nella figura 6).

Antonio si rivelò essere un ottimo maestro perché riuscì a prepararmi in tutte le materie (in seguito lui divenne segretario comunale e sposò Filomena Marrazzo).

L’istituto dove avrei sostenuto il famigerato esame di ammissione era l’istituto “Santacroce” di Sapri che era il più vicino a Centola.

Il caso volle che anche mia cugina, Emilia Rinaldi dovesse sostenere l’esame di ammissione alle superiori a Sapri. Lei era accompagnata dal padre, zio Donato, e mamma decise di affidarmi a lui. In assenza di collegamenti ferroviari e veicolari fummo costretti a raggiungere Sapri in calesse, la cui guida fu affidata al fedele fattore di casa Martuscelli, Nicola Ranauro. Il calesse era trainato dalla nostra cavallina (figure 7 e 8).

Partimmo, nel giugno del 1944, qualche giorno prima degli esami e il viaggio fu un’avventura: due adulti, due ragazze tirati da una povera cavallina per una strada polverosa (non ancora asfaltata) per un percorso lungo ben 40 km!

Per tutta la durata degli esami pernottammo in un alberghetto lì a Sapri, gli esami andarono bene sia per me sia per Emilia e il risultato fu più che positivo”.

In assenza di un unico edificio scolastico, all’epoca, a Centola, le aule scolastiche erano situate in locali presi in affitto dal Comune e pertanto disseminati in vari punti del paese, incluso il Convento. In particolare la signora Marotta usava insegnare in un’aula ricavata da una stanza al piano terra dello stesso stabile dove essa abitava, in Contrada Giardina.

Gino Martuscelli frequentò a Centola la II, III, IV e V elementare, dal 1941 al 1944. Ebbe come maestro don Gaetano Speranza (figura 9), insegnante benemerito e storico di Centola. L’attuale Istituto Comprensivo è a lui intitolato. Il maestro Gaetano Speranza di norma insegnava in un locale al piano terra del Convento (vedi freccia in figura 10).

Le attività didattiche erano svolte in sedi inappropriate e prive delle più elementari norme di sicurezza igienica e ambientale. Una fotografia che rende bene quelle che erano le condizioni della scuola nei piccoli paesi del Cilento e nelle zone rurali del  Sud d’Italia è riprodotta nella figura 11. Una tipica pagella per gli alunni delle scuole elementari, in Era fascista, è mostrata nelle figure 12 e 13.

Solo grazie ai sacrifici e all’abnegazione dei docenti è stato possibile realizzare quel grande processo che ha portato, soprattutto negli anni del primo dopoguerra, nonostante la poca attenzione delle istituzioni preposte, all’alfabetizzazione di buona parte della popolazione e questo in condizioni veramente difficili.

I docenti esercitavano anche la funzione di assistenti e di consulenti sociali, soprattutto al fine di recuperare alla scuola, bambini e ragazzi che a causa delle condizioni d’indigenza delle loro famiglie erano costretti a lavorare nei campi, nella pastorizia oppure sulle barche da pesca.

Il fenomeno della dispersione scolastica nelle povere contrade del sud, isolate geograficamente e culturalmente, è stato e lo è tuttora uno dei più gravi problemi che hanno afflitto queste regioni.

Ritornando all’attualità è opinione dello scrivente che se dovesse prevalere, anche per il futuro, il concetto di didattica in “modo remoto (on line)” oggi attuato per la Pandemia, a causa delle diseguaglianze sociali tra le famiglie si assisterà a un aggravamento del fenomeno della dispersione con grave crisi del sistema scolastico italiano.

 

Alcune parti di questo scritto, arricchite di nuove figure e contenuti, sono estratte dal libro “La Cuginanza di Centola (1940 – 1955)” di E. Martuscelli, L. Martuscelli e F. Martuscelli, Edito dall’Associazione “Progetto Centola”, Tipografia E. Albano, Napoli (2017).

 

Ezio Martuscelli

Presidente Associazione “Progetto Centola”

26/maggio/2020

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Una risposta

  1. Giuseppe Palladino ha detto:

    Secondo il mio concetto di “STORIA”, questo piccolo saggio di Ezio Martuscelli recupera un pezzo di memoria storica, che fa da substrato essenziale per una vera ricostruzione storica, che, partendo da quella che viene considerata storia minore, dispiega i contorni reali della storia generale. Un esempio ed uno stimolo per gli “storici” locali.

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