Palinuro: storia di una chiesa che non c’è più

Nel 1793 il borgo di Palinuro vedeva la presenza, stanziale, di ~ 260 abitanti. Dalla tarda primavera all’inizio dell’autunno molte famiglie di contadini che nei mesi invernali vivevano in prevalenza a Centola si trasferivano in casolari nelle terre fertili della Piana e delle valli dei fiumi Lambro e Mingardo che sfociavano rispettivamente a ovest e a est della collina della Molpa (figura 1). In questo periodo la popolazione che atteneva al Borgo aumentava sensibilmente fino a un numero di abitanti che, sempre nel 1793, era valutato essere intorno ai 600 (figure 2 e 3).

All’epoca, Palinuro era ancora separata da Centola e dalle sue terre dal corso del fiume Lambro il cui attraversamento, in assenza di un ponte, specialmente nei periodi di pioggia e cattiva stagione, era non sempre fattibile (figure 1 e 4) [1, 2, 3].

Le genti di Palinuro e della Piana della Molpa avevano una grande difficoltà a esercitare la loro Fede religiosa. Infatti, nel Borgo c’era una sola e angusta Cappella, con due altari (misurava ~ 12 m di lunghezza), intitolata a Santa Maria Lauretana che insisteva su di un suolo di proprietà della Badia di Bosco che dipendeva dal Capitolo di S. Pietro (Roma). In questa Cappella, dove non c’era posto per la custodia né del SS. Sacramento dell’Eucarestia né dell’Olio Santo e neppure c’era una Fonte battesimale, la messa era celebrata solo nei giorni festivi < … quando però la stagione ed il buon tempo lo permettono, dal Cappuccino residente nel Convento di Centola, con licenza e permesso del Vicario del Bosco> [3].

Nel 1792 sia le autorità amministrative di Centola sia quelle ecclesiastiche inviarono suppliche al re Ferdinando IV di Borbone affinché si provvedesse alla costruzione in Palinuro di una chiesa designandovi altresì un “Economo Curato”

Per quanto riguarda i fondi necessari, i firmatari proponevano di incorporare alla “matrice Chiesa di Centola e suo clero” la rendita della Badia di Santa Maria utilizzandola per la costruzione e mantenimento della chiesa di Palinuro [3].

La documentazione prodotta dal Sindaco e dal Clero di Centola metteva altresì in risalto come a causa della difficoltà di guadare il fiume Lambro spesso fosse pericoloso portare, specialmente nei freddi inverni, i bambini a battezzarsi nella Chiesa Parrocchiale di Centola. Inoltre essi lamentavano che marinai, soldati e abitanti fossero deceduti senza avere ricevuto i Sacramenti (figura 1).

Dopo un complicato iter istruttorio, la R. Camera di S. Chiara decretò che si dovesse provvedere alla costruzione di un “Economia Curata” per le esigenze spirituali della gente di Palinuro con un sacerdote e che pertanto era necessario erigere una Chiesa Sacramentale col fonte battesimale.

Il sovrano borbonico, il 7 settembre 1793, emanò una risoluzione che accoglieva i contenuti del decreto della Camera di Santa Chiara.

Rimanevano oscuri però i seguenti punti:

  • La scelta del luogo dove si sarebbe dovuta costruire la Chiesa.
  • Dove trovare i finanziamenti, necessari a coprire i costi fissi della Chiesa (la lampada, le cere, le ostie, il vino e il salario per un Sagrestano).

Al ritardo nella costruzione della Chiesa di Palinuro contribuì, inoltre, una serie di problemi legati all’intrecciarsi di conflitti di competenze giurisdizionali tra la diocesi di Capaccio e la parrocchia di Pisciotta, da una parte e la parrocchia di Centola, che dipendeva dall’abbazia “Nullius” di S. Maria degli Angeli.

Nel 1794 la Regia Camera di S. Chiara intervenne nella controversia e deliberò che le parrocchie di Centola e di Pisciotta non potevano accampare diritto di giurisdizione.

L’iter per la costruzione della Chiesa si complicò nuovamente quando nel 1798, i Pappacoda, principi di Centola e marchesi di Pisciotta, Molpa e Palinuro (vedi stemma in figura 5), acquistarono i beni della Badia di Centola. Questo determinò l’impossibilità di potere usare le rendite della Badia per la costruzione della Chiesa.

Secondo Franceco Barra gli eventi che furono decisivi nello sbloccare la procedura per la costruzione a Palinuro di una nuova chiesa/parrocchia furono i seguenti:

  • Il concordato del 1818 tra la Santa Sede e il regno delle due Sicilie che, tra l’altro, decretava la definitiva soppressione della giurisdizione “nullius” di Centola e delle altre giurisdizioni particolari.
  • Il decreto di Ferdinando II del 18 settembre 1841, in base al quale Palinuro, dal 1 gennaio 1842, assurgeva al rango di villaggio diventando, dal punto di vista amministrativo, frazione del Comune di Centola, [6].

Questi eventi dipanarono i conflitti di attribuzione tra le varie autorità ecclesiastiche e nel 1842 fu istituito a Palinuro un “Economo curato”, dipendente dalla parrocchia di Centola. Finalmente dopo ~ 50 anni fu possibile dare inizio alle procedure che dovevano condurre alla costruzione della nuova Chiesa parrocchiale intitolata a Santa Maria di Loreto.

Il 17 giugno 1842 il vescovo Mons. Michele Barone istituì formalmente la prima parrocchia di Palinuro.

In attesa che fosse costruita la nuova Chiesa lauretana al centro del Borgo di Palinuro, <non esistendo un locale idoneo il Vescovo si rivolse al Signor Giov. Lorenzo Rinaldi, agente degli eredi della principessa Giovanna Pappacoda per avere a disposizione la cappella di S. Antonio al Porto (figura 6)> [7]. I principi Doria Pappacoda attraverso un atto privato diedero la concessione dell’uso della cappella sotto ben definite condizioni inserite in una scrittura privata firmata in Centola il 17 giugno 1842 dal vescovo di Capaccio, Michele Barone e da Giov. Lorenzo Rinaldi per conto degli eredi Pappacoda Doria [7].

Non è dato di conoscere quando i lavori per la costruzione della chiesa ebbero avvio e fine.

Da un documento dell’archivio storico della Diocesi di Vallo della Lucania, riportato nel riferimento [16], si ricava che i registri della parrocchia di Santa Maria di Loreto di Palinuro iniziano dal 1867. Il primo Economo Curato è Giovanni Francesco D’Enrico che svolgerà la sua funzione fino al 1881. Seguirono:

— Giuseppe Pacelli (Economo dal 1882, parroco dal 1891 al 1895);

— Serafino Marsicano (Economo da 1895 al 1898);

— Luigi Merola (Economo curato, 1898 – 1905);

— Canonico Angelo Cantello (Parroco dal 1906 al 1926) [17].

Da questi dati si deduce che la chiesa di Palinuro potrebbe essere stata aperta al culto intorno al 1867.

Il 19 maggio 1884 il vescovo Mons. Paolo Maglione raggiunse via mare Palinuro da Pisciotta per quella che pare dovesse essere la prima visita Pastorale alla nuova Chiesa di Santa Maria Lauretana.

Riguardo a questo evento G. Cammarano riporta: <La chiesa è solo Benedetta ed è retta dall’Economo Curato don Giuseppe Pacelli. La chiesa è poverissima, senza rendite, senza sagrestano e senza campanile> [7, 8]. Si ricava inoltre che l’altare maggiore fosse in muratura, non rivestito e appoggiato al muro.

Altre interessanti notizie su questa chiesa si deducono dalle visite pastorali del 6 agosto 1902 e del 24 maggio 1912 fatte da Mons. Iacuzio che da Centola, a cavallo, raggiunse Palinuro. A riceverlo furono i parroci dell’epoca, don Luigi Merola e don Angelo Cantello [7, 8, 9, 10].

Dai resoconti di queste visite si ricava che nel 1902 il campanile, con due campane, fosse ancora incompleto e che gli abitanti di Palinuro assommavano a ~ 600. Inoltre è fatto rilevare che nella chiesa fosse conservata <una stupenda reliquia del Santo Legno della Croce di N. S. G. C. conservata in una teca di cristallo a forma di  croce e intorno con lamine d’argento, con autentica.> [7]. Sembra che questa reliquia fosse stata data dal Papa Benedetto XIV al vescovo Gentili che a sua volta la donò alla famiglia Errico che poi l’offrì alla chiesa [7].

La chiesa di Palinuro (figure 7 e 8) nel tempo si è arricchita di manufatti interessanti dal punto di vista sia storico sia artistico. Inoltre questi oggetti sono strettamente legati alle tradizioni religiose del territorio. Il 30 luglio 1917 l’altare, che era in muratura, fu elegantemente rivestito di marmo (figg. 9 e 10).

Esemplari di oggetti che testimoniano la fede della popolazione e che erano custoditi nella chiesa ottocentesca al centro di Palinuro sono mostrati nelle figure 11 – 12 [11].

La venerazione della gente di Palinuro nei confronti della Madonna di Loreto è testimoniata dalla fotografia in figura 13 che fissa il momento in cui la statua della Madonna, il martedì in “Albis” esce dalla chiesa per essere portata, a spalla, in processione lungo le strade del borgo [13].

Alla festa dedicata alla Madonna di Loreto partecipavano fedeli dei paesi vicini. Su questo punto nel riferimento 13 è scritto: <Dopo il passaggio della banda, in via Indipendenza si osserva uno scenario unico: fedeli, provenienti da Caprioli, piccolo paese limitrofo, avanzano verso la chiesa, preceduti da diverse donne, che camminano in fila indiana, e portano in bilico sul capo “‘a cinta” o “a centa”, figura 14. “A’ cinta” è una barca di legno leggero, lunga circa sessanta o più cm, dipinta a colori vivaci e interamente ornata di nastri e trine cui sono legate varie decine di candele e anche biglietti da cinquecento e mille lire. E’ uno spettacolo che fa ricordare riti antichi, pagani,…. Il gruppo di pellegrini entra in chiesa cantando, mentre le donne depositano “le cinte” ai piedi dell’altare dove è esposta la statua della Madonna, tra fiori e candele>[13].

Dagli anni “50 del secolo scorso, e in particolare dall’apertura del villaggio del Club Méditerranée (1953), purtroppo chiuso negli anni ottanta, inizia il rapido sviluppo turistico del territorio di Palinuro.

La chiesa ottocentesca di Palinuro per le sue dimensioni fu giudicata, non sufficientemente capace di accogliere i fedeli il cui numero specialmente nelle domeniche estive, per la presenza di turisti, aumentava notevolmente.

Si consolidò quindi l’idea che si dovesse costruire una nuova e più ampia chiesa capace di soddisfare l’accresciuta domanda di religiosità.

A fronte di queste giuste considerazioni si affacciarono inconsulte e inappropriate valutazioni, anche da parte del clero di Palinuro che descrivevano la chiesa esistente (figg. 7 e 8), come <un semplice e piccolo rettangolo di nessun valore artistico, salvo quello affettivo> [7].

Con quest’assurda definizione le autorità ecclesiastiche autorizzarono il mondo della politica e dell’imprenditoria del territorio a intraprendere una grande operazione di ristrutturazione di tutta l’area adiacente alla chiesetta il cui progetto contemplava l’abbattimento della stessa e la costruzione di una nuova e più capiente struttura parrocchiale.

Di fatto la chiesa fu considerata “spendibile” e quindi suscettibile di demolizione non comprendendo come questa struttura rappresentasse una testimonianza di oltre un secolo di vita e storia di Palinuro e della sua gente. Pertanto, come “Bene Culturale”, depositario di valori unici, dovesse essere salvaguardato, tutelato conservato e valorizzato garantendone l’integrità e comunque la funzione.

Il giorno 31 ottobre 1959 come documentato dalla fotografia in figura 15, fu posata la prima pietra di quella che doveva essere la nuova chiesa parrocchiale di Palinuro che andava a sorgere nelle immediate vicinanze della vecchia parrocchia che si intravede sullo sfondo della figura 15.

La benedizione, alla presenza di Autorità civili ed ecclesiastiche, fu elargita dal Vescovo Mons. Biagio D’Agostino.

I lavori che durarono 28 anni terminarono il 15 – agosto 1987.

Una recente fotografia del complesso parrocchiale di Palinuro è riportata nella figura 16. La nuova chiesa, anche se per le sue dimensioni pare, essere funzionale alla domanda, si caratterizza per un “design”a “panettone” a pianta ottagonale che non sembra essere nel suo insieme appropriata all’ambiente e congruente con la storia di un antico borgo marinaro tipico dell’area mediterranea.

Della vecchia chiesa ottocentesca fu risparmiato solo il campanile che notevolmente rimaneggiato è comunque un testimone silenzioso e loquace di uno scempio perpetrato ai danni della storia e della cultura del territorio.

Da tutto quanto sopra emerge che la distruzione della chiesa ottocentesca  di Palinuro è stata fatta in contrasto a tutte le moderne vedute che partono dal principio generale che in ogni caso debba prevalere la conservazione dei manufatti che sono la testimonianza della storia e delle tradizioni di un territorio. Pertanto un manufatto moderno non dovrà mai essere realizzato in sostituzione di uno antico.

 

 

 

RIFERIMENTI

  • Martuscelli, <Pagine di storia> archivio Ezio Martuscelli.
  • Archivio Associazione “Progetto Centola”.
  • Barra <Storia di un territorio; Palinuro, Molpa, San Severino, Foria, Centola>, il Terebinto Edizioni, Avellino (2017).
  • La Greca, V. Valerio, <Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aragonesi di Giovanni Pontano, le terre del Principato Citra>, Edizioni, C.P.C., Acciaroli – SA, (2008).
  • Massimino Iannone, <Il feudo di Pisciotta tra i secoli XVII e XIX>, Giannini Editore, Napoli (2016).
  • Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie – Anno 1841, Nella Stamperia Reale, Napoli 1841, vol. I, pp. 69-70.
  • Cammarano,<Storia di Centola, vol. IV, Molpa e Palinuro>, Ed. Centro Promozione Culturale Cilento, Acciaroli (1996).
  • Verbale della visita pastorale effettuata dal vescovo Mons. Paolo Maglione, 19 maggio 1884, alla Chiesa di Santa Maria Lauretana di Palinuro.
  • Resoconto della visita pastorale eseguita dal vescovo Mons. Iacuzio (6 agosto 1902) alla Chiesa di Santa Maria Lauretana di Palinuro.
  • Resoconto della visita pastorale del vescovo Mons. Iacuzio, 24 maggio 1912, alla Chiesa di Santa Maria Lauretana di Palinuro.
  • Archivio Associazione “Progetto Centola”.
  • Martuscelli, <Il vino del territorio di Centola; storia, miti e tradizione>, Edito dall’Associazione “Progetto Centola”, tipografia E. Albano Napoli (2019).
  • L. Amendola, E. Martuscelli, <Palinuro, Tradizioni e Costumi>, Edito dall’Associazione “Progetto Centola”, tipografia E. Albano Napoli (2017).
  • Giovene, <L’autobiografia di Giuliano di Sansevero>, vol.III, Rizzoli Editore, Milano (1967).
  • Lupo, <Documenti appartenenti all’archivio di casa Lupo>.
  • <Terra del Mito, un secolo di immagini per Palinuro> a cura di A. Rinaldi, Edizioni Areablù, Cava dei Tirreni, (2018).
  • Don Aniello Adinolfi, Direttore Archivio Storico, Diocesi di Vallo della Lucania, Curia Diocesana; documentazione in riferimento [16].

 

Ezio Martuscelli

Presidente Associazione “Progetto Centola”

03/luglio/2020

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