Uomini d’altri tempi: mio padre ciabattino (M.T. Scianni)

L’Associazione “Progetto Centola”, ha dedicato il calendario 2020 agli “Artigiani e Antichi Mestieri”, ricordandoli attraverso foto e documenti. Le fotografie postate mostrano il frontespizio e la pagina che si riferisce al mese di gennaio con le immagini delle singole foto pubblicate anche a parte per una loro migliore visione. Con la pubblicazione del calendario, si è inteso porre l’accento su come il sapere, alla base delle attività artigianali, sia un “bene culturale immateriale” da conservare nella memoria e da portare a conoscenza dei giovani affinché lo trasmettano a quelli che seguiranno.
Qui di seguito è riportato lo scritto di Maria Teresa Scianni dal titolo: “Uomini di altri tempi … mio padre ciabattino”.

Prof. Ezio Martuscelli, Presidente Ass. “Progetto Centola”

Uomini di altri tempi … Mio padre ciabattino

Maria Teresa Scianni
(Associazione Progetto Centola)

Scianni Giuseppe (nato il 02/02/1914) figlio di Francescantonio e di Riccio Marianna, secondogenito di sei figli vivi e di sei morti.
Calzolaio per tutta la vita; cominciò dopo il servizio di leva, compiuto a La Spezia, mestiere che praticò fino al giorno prima di morire (07/10/1995). Si definiva “artista” e l’era a tutti gli effetti … realizzava a mano un paio di scarpe in due giorni, cominciava col prendere la misura e continuava con lo schizzo del modello per proseguire, poi, con la lavorazione delle tomaie e delle suole, con la misurazione e con la cucitura, a mano, dei vari pezzi creati da lui. Era profondamente innamorato del suo lavoro e sempre soddisfatto di ciò che realizzava, anche se ha sempre spinto i propri figli a studiare e non ha mai voluto che facessero il suo lavoro, sostenendo che non era riconosciuto il valore di ciò che egli faceva.
Dei suoi strumenti di lavoro era gelosissimo e i diversi discepoli che, al suo dischetto hanno imparato il mestiere, ricordano, ancora oggi, le punizioni che infliggeva loro quando non ne avevano cura.
Aveva imparato dal maestro Rufino Vincenzo, negli anni ‘30 dell’altro secolo.
Mastro Vincenzo, di Vibonati, aveva incontrato a Napoli, presso un negozio di pellame, Virgilio Natale che esercitava il mestiere di ciabattino a Centola, ma che progettava di sviluppare una nuova attività … una trattoria-albergo, pertanto invitò il collega a venire a Centola per tentare di portare avanti il mestiere che lui avrebbe abbandonato per avventurarsi nell’attività alberghiera. Mastro Vincenzo venne, restò e divenne il maestro di “mastro Peppo” che fu il calzolaio di Centola per oltre sessantacinque anni.
Quando “mastro Peppo” si sentì pronto ad affrontare, senza il sostegno del suo maestro, la riparazione di un paio di scarpe, cominciò a lavorare da solo a casa sua, in via Rosario, in un piccolo ripostiglio.
Fu l’orgoglio dei suoi genitori, contadini da sempre; i suoi fratelli ricordavano che era l’unico in famiglia che poteva disporre di qualche lira e il fratello più piccolo, Rosario, che amava la musica, poté comprare il sassofono, proprio grazie al lavoro del fratello maggiore.
Dopo la guerra del ‘40 fittò, un piccolo locale in piazza e … come diceva lui … “uscì in piazza”, poi, dopo oltre un decennio, con tanti sacrifici, comprò il suo negozio di cui andava orgogliosamente fiero …
Con lo stesso orgoglio raccontava che il suo maestro gli aveva regalato il deschetto che è stato suo compagno fedele nei suoi oltre sessantacinque anni di lavoro.
Diceva sempre che, dalle scarpe, si può capire che tipo di persona è colui che le calza … e che per capire con chi si ha a “che fare”, basta vedere se le scarpe che calza sono pulite.
Gli anni della fioritura dei mestieri a Centola furono anni importanti per lo sviluppo economico di un piccolo centro, che cominciava ad assumere una fisionomia sociale, la cui identità si evolveva da realtà contadina a realtà artigianale, dando vita a quel ceto medio che è stata l’anima della crescita economica dell’Italia.
Sorse in modo spontaneo, in quel periodo a Centola, una sorta di corporazione delle arti e dei mestieri, infatti, tra tutti gli artigiani e i commercianti esisteva un patto di mutuo soccorso, mai esplicitato e codificato, ma reale e concreto che consentiva loro di poter contare l’uno sull’altro, nei momenti di difficoltà economica.
Questi uomini di altri tempi sono stati le radici solide su cui si è edificata l’odierna società Centolese, che in questo periodo storico dovrebbe fermarsi per riflettere e riscoprire quella forza, quel coraggio e quella determinazione che consentivano loro di essere protagonisti, quotidianamente, della “piccola” storia che ha fatto dell’Italia degli anni sessanta una delle più grandi potenze del mondo.
I valori vissuti e trasmessici da questi uomini dovrebbero avere più spazio nelle nostre scelte di vita … questi uomini hanno saputo fare di un insieme di persone una Comunità e ce l’hanno messa tra le mani come un vero dono di amore e noi dovremmo essere capaci di fare altrettanto con le generazioni future.
Grazie papà!

Maria Teresa Scianni
27/febbraio/2020

 

 

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