Anni ‘40 – ‘50, da Centola all’Arco Naturale di Palinuro e alla Marinella, percorrendo, a piedi, antiche vie
Il famoso Arco Naturale di Palinuro, con la vicina foce del fiume Mingardo e con le splendide spiagge a contorno, tra gli anni ’40 e ’50, ben prima della costruzione della strada che doveva collegare Palinuro con Marina di Camerota, era raggiungibile solo attraverso sentieri e mulattiere che, venendo da Centola, s’imboccavano in prossimità della località denominata “Casaburi”.
Queste stradine di campagna attraversavano la fertilissima “Piana” e sfociavano nelle vicinanze della foce del fiume Mingardo alla cui destra si erge con la sua maestosità l’Arco naturale quale portale d’ingresso alla splendida spiaggia che per l’appunto prende il suo nome. Alla sinistra della foce del fiume, territorio del Comune di Camerota, si sviluppa la spiaggia detta della “Pietra”, nome che deriva da un enorme masso, caratterizzato da un cunicolo che permette di attraversarlo da parte a parte, che si adagia tra terra e mare (figure 1 e 2).
Tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso i membri della “Cuginanza” (un gruppo di fratelli, cugini e amici che trascorsero a Centola, gli anni della seconda guerra mondiale e quelli del primo dopoguerra), in particolare i fratelli Martuscelli e Rinaldi e altri amici, almeno una volta l’anno, in periodo estivo, facevano un’escursione all’Arco Naturale e alla Marinella. Essi preferivano compiere questa gita, che durava tutta la giornata, a piedi, almeno all’andata: era tutto in discesa. Al ritorno, al tramonto, li aspettavano a Casaburi, con le loro macchine, Aniello Marrazzo e il suo nipote Giannino, figlio di Giuseppe Marrazzo, che li riportavano, a Centola.
Le “mitiche” autovetture da noleggio che, alcuni membri della Cuginanza, incluso le loro famiglie, sovente, utilizzavano nei loro spostamenti, da e per le varie spiagge della costa di Palinuro oppure per fare gite verso paesi e zone limitrofe, sono visibili attraverso le fotografie riprodotte nelle figure 3 e 4. Esse documentano momenti in cui i fratelli Giuseppe e Aniello Marrazzo esibiscono ad amici e parenti le loro eleganti automobili nella piazza di Centola.
Si partiva, dalla casa della piazzetta del Rosario, la mattina presto onde evitare le ore di gran caldo.
Era una vera e propria spedizione che prevedeva l’accompagnamento di persone che lavoravano in casa Martuscelli e che avevano il compito di trasportare le vettovaglie. Agostino Serva all’alba si recava a Lacci per prelevare l’asina addetta al trasporto di cose e persone (figura 5).

Il viaggio prevedeva le seguenti tappe:
- Dalla casa del Rosario si percorreva, a piedi, la strada carrozzabile Centola – Palinuro fino alla località detta “Pietre Rose”.
- Alle Pietre Rosse si lasciava la strada carrozzabile e si prendeva una scorciatoia, una stradina, tutta in discesa, che attraverso bellissimi boschi di macchia mediterranea, portava in località Casaburi, intersecando la strada Centola Palinuro qualche centinaio di metri prima del ponte sul fiume Lambro.
- Da Casaburi si dipartivano vari viottoli di campagna alcuni dei quali conducevano alla foce del fiume Mingardo (figure 1 e 2), altri a quella del fiume Lambro e quindi alla contigua spiaggia della Marinella (figure 6 e 7).
Giunti alla meta ci si accampava al fresco dell’Arco sistemando in maniera appropriata le cibarie e badando a mettere in fresco in acqua le bottiglie di vino prodotto nelle vigne di Antonio Martuscelli e anche le “mummule” in terracotta contenenti acqua potabile. Non poteva mancare un grosso cocomero che era sistemato in un fosso sul bagno – asciuga per essere tenuto anch’esso al fresco fino all’ora del pasto. Le pietanze, varie e in grande abbondanza, erano state preparate dalla madre dei fratelli Martuscelli con l’aiuto della fedele Anna Culetto (figure 8 e 9).
Appena arrivati, ci si tuffava prima nel piccolo bacino di acqua dolce che il fiume aveva formato prima di sfociare in mare e quindi ci s’immergeva nelle acque fresche e tonificanti del mare facendo delle lunghe nuotate. Ci si divertiva a fare i tuffi dalla “finestella” un foro nella roccia, a circa 3 – 4 metri di altezza, raggiungibile attraverso un cunicolo che partiva dalla base (figura 10).

La passeggiata e le attività natatorie sviluppavano un grande appetito pertanto facendo circolo attorno ad una larga tovaglia bianca, sedendosi su grosse pietre, sotto la direzione delle sorelle Lilia e Laura Martuscelli, aiutate da Giuseppina Romaniello, futura moglie di Mauro Serva (figura 11), si dava luogo all’inizio del banchetto, perché di un vero e proprio banchetto si trattava. Solo quando il sole volgeva al tramonto, iniziava il ritorno che come detto aveva come tappa ancora Casaburi dove, attendevano le macchine per riportare i gitanti, stanchi ma felici, a Centola.

Nessuno avrebbe azzardato a ripercorrere, in ripida salita, la scorciatoia fatta al mattino in comoda discesa. Solo Agostino, con l’asina e con Giuseppina, ripercorreva a piedi il tragitto del ritorno a casa.
Una simile spedizione, con le stesse modalità di quella sopra descritta, era effettuata per recarsi in gita verso la foce del fiume Lambro e la spiaggia della Marinella, situate a ovest della collina della Molpa. In questo caso, sempre da Casaburi si percorrevano sentieri alternativi che portavano direttamente alla località prescelta. Ci si accampava all’interno di una delle innumerevoli grotte naturali che si trovavano sulla spiaggia alla sinistra della foce ai piedi dell’altura che degradava a mare.
Antiche fotografie che mostrano la parte terminale del corso del Lambro, la cui riva sinistra costeggia le pendici della famosa collina della Molpa e la configurazione che all’epoca aveva la foce del fiume, alla Marinella, sono mostrate nelle figure 6 e 7.
Altre istantanee che documentano momenti delle gite a piedi verso l’Arco naturale e verso la Molpa e la Marinella, compiute dalla Cuginanza, sono riprodotte nelle figure 12 – 19.
Alcune delle foto testimoniano il paesaggio che qualificava sia la spiaggia del Mingardo sia quella dell’Arco naturale e le foci dei fiumi Lambro e Mingardo, tra gli anni “40 e “50. Il confronto con le immagini riprodotte nelle figure 20 e 21, che si riferiscono a tempi recenti, permette di evidenziare le trasformazioni che il tempo e lo sviluppo del turismo hanno prodotto circa l’ambiente, un tempo incontaminato, caratterizzato da una bassa presenza antropica e quindi assenza di inquinamento.
In alternativa alle scampagnate via terra, l’Arco Naturale, la spiaggia della Marinella e quella del Buon Dormire, erano raggiunte facendo delle escursioni via mare. In questo caso la Cuginanza, su macchine noleggiate, dai fratelli Peppino e Aniello Marrazzo (figure 3 e 4), raggiungeva il porto di Palinuro, dove s’imbarcava su di una grossa barca da pesca, che apparteneva al profugo russo, Giacomo Belonoskin, e alla moglie Albina Pepoli. Con questa imbarcazione, guidata dal loro figlio Artemio (figura 22), si arrivava alla meta prefissata dopo avere doppiato il “frontone” di Capo Palinuro.

Le fotografie, mostrate nelle figure 23 – 24, ricordano queste escursioni le quali avevano anche il vantaggio di permettere ai gitanti di visitare, lungo il percorso, le numerose grotte, in primis quella Azzurra e di godere, inoltre, di una visione unica, da mare, dello storico promontorio di Capo Palinuro che a forma di un enorme cetaceo si prolunga nel mare Tirreno.
La famiglia Martuscelli, nell’immediato dopo guerra e fino ai primi anni del 1950, usava frequentare la spiaggia del Porto che raggiungeva utilizzando sempre le macchine da noleggio dei Marrazzo (figure 25 e 26).
In alcune circostanze si andava al mare anche approfittando della vecchia “balilla” guidata da Carlo Rinaldi che all’epoca era una rarità.
Di solito si stava in spiaggia fino al pomeriggio inoltrato, pertanto si portava il mangiare da casa. Il pranzo avveniva sul piccolo piazzale antistante alla chiesetta dedicata dai pescatori a S. Antonio, cui sono molto devoti (figura 27).

Le fotografie, riprodotte nelle figure 22 – 27, rappresentano una testimonianza di quello che era il Porto di Palinuro e le sue spiagge negli anni “40 – “50. Il confronto con la realtà odierna, vedi figura 28, stupisce e indigna e ci si chiede come sia stato possibile perpetrare e permettere uno scempio paesaggistico e ambientale che ha portato allo stravolgimento di quello che era uno scenario di una bellezza unica.

Quand’è che impareremo a rispettare e proteggere il nostro, non ancora per molto tempo, meraviglioso paesaggio e ambiente naturale?
SCRITTO DI EZIO MARTUSCELLI
In parte estratto, con aggiunta di foto e modifiche al testo, dal libro: “La ‘Cuginanza’ di Centola (1940 – 1955)”, Edito dall’Associazione Progetto Centola, Tipografia Enzo Albano, Napoli (2017).
17/02/2021