Dalla ginestra, fibre tessili e coloranti naturali

Tra maggio e giugno le colline del Cilento si colorano di giallo. Questo fenomeno è dovuto alla fioritura delle piante di ginestra ampiamente diffuse in molte zone dell’area che fa parte del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (figura 1).

Dal punto di vista botanico le specie maggiormente presenti sono: il Citiso (la Ginestra del carbonaio); la Ginestra odorosa e la Ginestra dei tintori [1].

Nel riferimento [1] la pianta è così descritta nei suoi elementi botanici essenziali: <E’ un arbusto legnoso con rami verdi […] Le foglie superiori sono intere, quelle inferiori divise in 3 piccole foglioline. I fiori gialli solitari o a 2 con stilo avvolto a spirale. Il frutto è un baccello di colore nero a maturità> [1] (figure 2 e 3).

In tempi non molto lontani, dalla ginestra le popolazioni dell’area del mediterraneo e con esse quelle del Cilento, ricavavano un’importante fibra tessile di origine naturale – vegetale.

Questa caratteristica della ginestra era stata sfruttata già dai Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani, che erano stati capaci di ottenere dai suoi rametti verdi (denominati vermene) fibre particolarmente utili nella produzione di graticci (stuoie), cordame, sacchi, indumenti e molti altri tipi di manufatti.

Il processo, in linea di principio simile a quello usato per il lino e la canapa, prevedeva le seguenti fasi: raccolta (era fatta con l’uso della falce), bollitura, macerazione in acqua, scorticatura, battitura, sfibratura e cardatura. A tutto ciò seguiva la filatura che le donne eseguivano a casa utilizzando dei fusi o filatoi a mano.

Fibre di ginestra pronte per la filatura e successiva tessitura sono mostrate in figura 4. Esse hanno la peculiarità di essere molto resistenti all’azione corrosiva dell’acqua di mare; per questa caratteristica erano impiegate dai pescatori delle coste del Cilento per realizzare corde, reti e stuoie.

In molte circostanze anche la tessitura era compiuta a casa dalle donne usando dei telai di modeste dimensioni di tipo verticale o orizzontale (figure 5 e 6).

Altra caratteristica delle fibre di ginestra era la loro capacità di trattenere con forti legami chimici le molecole di coloranti naturali tra cui rientravano anche quelli estratti dal melograno, dalla liquirizia e dai fiori della stessa ginestra e dalle bucce di cipolla.

Antichi manufatti in fibre di ginestra (matassa di filato e un antico telo usato come sotto basto per asini) sono mostrati nelle figure 7 e 8.

Le fibre di ginestra, trovano impiego anche come sotto prodotti nella produzione della carta, divennero particolarmente popolari in epoca fascista, quando a seguito delle sanzioni decretate contro l’Italia (periodo dell’Autarchia), sostituirono le fibre di juta (importate dall’estero) nella produzione di tele per imballaggio, corde e sacchi.

La raccolta dei teneri steli di ginestra, sulle colline del Cilento, avveniva proprio nei mesi di maggio e giugno.

L’isolamento geografico del Cilento e la povertà dei suoi abitanti, specialmente dei contadini, costringevano le popolazioni a sfruttare ogni possibile risorsa che il territorio spontaneamente offriva loro. In tale situazione rientrava l’utilizzo, nel campo dei coloranti tessili, di un tipo di ginestra appartenente alla famiglia “Genista tinctoria”, detta anche “Ginestra minore”, un arbusto pertinente sempre al genere “Genista” (figura 9).

Karl Wilhelm Poerner, nel suo trattato sull’arte tintoria [G. Silvestri, 1821] riporta quanto segue:

<La ginestra (Genista tictoria di Linneo), è una pianta comunissima […]; essa cresce abbondantemente sui colli, nei prati aridi e nei boschi. Se ne fa uso per tingere […] perchè somministra dei colori (gialli) molto solidi […] I migliori ingredienti tanto per la preparazione dei bagni di mordente, quanto per quelli di tintura, composti colla ginestra, sono il tartaro, l’allume e il gesso> [3] (figura 9).

Da quanto sopra si ricava che per eseguire la tintura con il colorante ricavato dalla ginestra fosse necessario impiegare delle sostanze, dette “Mordenzanti”, che permettono di legare fortemente le molecole di colorante ai punti chimicamente più sensibili delle fibre da tingere.

Tra i mordenti più comuni rientra l’allume di Rocca, un minerale che si trova in natura, la cui formula chimica è riportata nella figura 10; è un sale misto di alluminio e potassio dell’acido solforico.

Le popolazioni del Cilento, attraverso una procedura vecchia di secoli, riuscivano a estrarre, dai rametti della pianta, trattati in acqua bollente, le sostanze coloranti che erano impiegate, per conferire alle matasse di lana e di lino un colore giallo stabile alla luce e ai ripetuti lavaggi.

Il tutto era realizzato, in casa dalle contadine.

Studi chimici hanno dimostrato che il principio colorante contenuto nei fiori della ginestra è la “Ginesteina”, un derivato del “Flavone”. Le strutture molecolari di questi composti sono mostrate nella figura 10 [4, 9].

Sarebbe interessante che i processi, sopra menzionati, di utilizzo intensivo della ginestra, che portano sia all’ottenimento di fibre naturali di origine vegetale, utili alla produzione di particolari filati sia all’estrazione di coloranti attivi da impiegare nel campo della tintura di tessuti di vario tipo, potessero essere ripresi, opportunamente rivisitati, rispettando la sostenibilità ambientale del territorio e la salubrità dell’ambiente di lavoro.

Si hanno notizie che in alcune regioni del sud iniziative in tal senso siano già in atto.

RIFERIMENTI

  1. E. De Falco, N. Di Novella, <Guida alle piante tintorie del Cilento e Vallo di Diano>, editore, Fondazione MIDA-Musei integrati per l’ambiente.
  2.  Manuale di coltivazione e prima lavorazione della ginestra per uso tessile (maggio 2006), pdf.
  3. Karl Wilhelm Poerner, trattato sull’arte tintoria [G. Silvestri, 1821].
  4. E. Martuscelli, <I coloranti naturali della lana>, cAMPEC, Edizioni, Napoli (2003).
  5. http://www.treccani.it/enciclopedia/libano
  6. http://it.wikipedia.org/wiki/Ampelodesmos_mauritanicus
  7. M. L. Amendola, E. Martuscelli, <Palinuro tradizioni e costumi (1900-1960)>, Edito Ass. Progetto Centola, tipografia Enzo Albano, Napoli, (2017).
  8. S. de Majo <Produzione agraria […] in Principato Citra nell’ottocento> [Rassegna Storica Salernitana, 12 VI 2 (1989) pagg.141-213].
  9. E. Martuscelli, <Degradazione delle fibre naturali e dei tessuti antichi>, PAIDEIA, Firenze, (2006).

Scritto di Ezio Martuscelli, 11 – Giugno – 2021

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