I palmenti sul Monte “San Basilio” nel comune di Centola (SA)
LE SPECIFICITÀ DEL TERRITORIO

Il Comune di Centola già parte del Principato Citra e poi della Provincia di Salerno (fig.1) occupa una superficie di 47,54 Kmq con 5.146 abitanti, dati Istat 2013. Oltre al capoluogo comprende le frazioni di Foria, Palinuro, San Nicola e San Severino.
Il territorio, delimitato a est e a nord da una cinta di colline e monti e a sud – sud-ovest dal mare Tirreno, si caratterizza per le sue interessanti peculiarità, alcune delle quali sono qui di seguito illustrate (fig. 2)[1 a), b), c)].
I FIUMI LAMBRO E MINGARDO
Attraversano, con un percorso che va da nord a sud, le terre del Comune. Il Lambro defluisce a ovest dell’abitato di Centola, il Mingardo a est. Entrambe le foci dei fiumi sono situate a est del promontorio di Capo Palinuro.

Il Lambro sfocia in corrispondenza della spiaggia della “Marinella” mentre il Mingardo nelle vicinanze del famoso Arco Naturale. Quest’ultimo fiume, nel suo tratto terminale separa il comune di Centola da quello di Camerota. Tra le foci dei due fiumi s’innalza la “Collina della Molpa” (figura 3) sulla cui sommità sono state erette, nel corso dei secoli, importanti strutture fortificate, i cui resti sono ancora oggi visibili, a difesa delle Vie che collegavano la costa con il retroterra e viceversa (figg. 2 – 4).
IL PROMONTORIO DI CAPO PALINURO E GLI APPRODI
E’ una penisola rocciosa che si spinge per circa due km nel mare. Il toponimo “Palinuro” deriva dal greco ed è sinonimo di <luogo dove il vento gira>, a significare la presenza di rischiose e infide correnti. A ovest e a est del promontorio si collocano due antichi punti di approdo rispettivamente denominati: il “Porto di Palinuro” e il “Porto della Molpa”. Questi attracchi hanno favorito l’esportazione/importazione, nel corso dei secoli, delle più svariate merci tra cui: vino, olio, legname, mortelle ecc. (figure 2 – 5).

IL MONTE SAN BASILIO TRA LE VALLI DEL LAMBRO E DEL MINGARDO In corrispondenza del paese medioevale (abbandonato da decenni) di San Severino, il fiume Mingardo s’incanala in un profondo “canyon” delimitato a sinistra e a destra da pareti a strapiombo rispettivamente del monte Bulgheria e delle alture che si dipartono dalla sella sulla quale si possono ancora oggi osservare i resti dell’Antico Borgo e del suo castello (fig. 6). L’insieme di questi rilievi, che sovrastano, a ovest la “Gola del Diavolo”, come riportato in antiche mappe (ad esempio: Atlante geografico del Regno di Napoli da Gio. Antonio Rizzi-Zannoni 1808. Napoli, figura 7), vanno a costituire il monte San Basilio il cui toponimo è di chiara origine “Basiliana” (i Basiliani erano monaci di rito Greco – Bizantino la cui presenza nella regione è ampiamente e storicamente documentata [1-b)]). Dalle figg. 4, 5, 7, e 8 si evince come il crinale del monte San Basilio, declinando verso la Piana della Molpa, si sviluppa all’incirca parallelamente al corso del fiume, che defluisce verso il mare attraversando la profonda forra chiamata comunemente “Gola del diavolo”.
Il monte San Basilio, in effetti, ha l’altezza di una collina, ha una posizione strategica; dalla sua cresta era possibile controllare, a ovest la valle del fiume Lambro, a est quella del Mingardo. L’antico abitato di Centola appare adagiato alla sua dorsale in una posizione, defilata, dalla quale era facile tenere sotto osservazione le vie che dalla costa erano percorse dai pirati saraceni nelle loro frequenti e devastanti incursioni ma che erano anche vie commerciali da e verso il mare.
Vedute recenti, da ~ ovest, del versante nord del monte San Basilio che, staccandosi dalla sella di San Severino, si prolunga in direzione all’incirca nord-sud, verso la collina del Chiancone, e la cava di pietre, sono mostrate nelle figure 9 – 11.
IL PALMENTO, VERSANTE NORD, DEL MONTE SAN BASILIO

In un’area a sinistra della cava di pietra (fig. 12) si riscontra la presenza di un antico palmento monolitico ottenuto mediante scavo di una grande roccia. Fotografie di questo manufatto, scattate da Aniello Cammarano da varie prospettive, sono riprodotte nelle figure 13 – 17. Va rilevato che questo palmento è già stato citato da Francesco D’Alessandro sulla pagina Facebook “Cultura & Territorio delle Terre Alte (Montagne) e Ironia”.
IL PALMENTO, VERSANTE SUD, DEL MONTE SAN BASILIO
Percorrendo, verso sud il crinale del monte San Basilio, in località S. Andrea, a qualche centinaio di metri a valle dell’eliporto (postazione antincendio della Regione Campania), figure 18 – 20, Salvatore Bianco ha individuato una struttura rupestre, che a seguito d’ispezione del luglio 2021, si è dimostrata, essere un’arcaica e rudimentale forma di “Palmento” a vasca singola [1-a)].
Fotografie di questo manufatto lapideo sono riprodotte nelle figure 21 e 22.
Dalla letteratura si apprende che nel Cilento siano stati rinvenuti altri palmenti: due sul monte Gelbison; tre sul Monte della Stella [2, 4] e uno a Torraca, paese nelle vicinanze di Sapri, basso Cilento, in contrada Castellara [3].
I palmenti di Centola sembrano essere a una sola vasca, dove aveva luogo la pigiatura dell’uva con i piedi oppure impiegando altri attrezzi. Il mosto, era fatto scolare attraverso una scanalatura in recipienti di terracotta o legno, oppure in otri e quindi trasportato, per farlo fermentare, in magazzeni/bottai/capanne.
Palmenti a vasca circolare singola con una strutturazione che è simile a quelli del Monte San Basilio sono presenti anche in altre regioni d’Italia.
Un esempio è quello che si trova a Forza D’Agrò sui monti Peloritani (Sicilia), mostrato nella figura 23 [5]. Altri sono presenti nel Cilento nelle seguenti località: San Rocco di Perdifumo, fig. 24 [4]; Serramezzana, fig. 25 [2] e Massascusa (frazione del Comune di Ceraso), figura 26 [4].
A Novi Velia, Cilento, è stato ritrovato un palmento a doppia vasca: in quella superiore avveniva la pigiatura dell’uva, il mosto era poi raccolto nella vasca inferiore di minore capacità (Figura 27) [4].
La presenza di palmenti rupestri, vasche scavate nella roccia dall’uomo e usati fin da epoche remote per la produzione di vino, è una testimonianza che nel territorio del ritrovamento si conoscesse e si praticasse la vitivinicoltura, anche se in maniera primitiva.
Dalla storiografia locale si apprende che dall’antichità in molte località del monte San Basilio, versante sud, denominate Santa Agata, Sant’Andrea, Perati, Acqua del Lauro, Casaburi, Trivento, San Sergio, vaste aree fossero dedicate alla coltura della vite.
Il vino prodotto, per le sue qualità, era esportato, principalmente via mare dai porti di Palinuro e Molpa, in Paesi e Regioni anche lontani dai confini del regno di Napoli [1-a)].
La presenza di un palmento a nord del monte San Basilio è la testimonianza che anche in queste zone si coltivasse la vite. D’altra parte che nel territorio di Foria di Centola e di San Severino si producesse vino di buona qualità, è ampiamente documentato [1-a)].
Nel riferimento [4] è citato Amedeo La Greca, secondo cui, facendo riferimento alla tradizione popolare orale, i palmenti del Cilento erano di uso comune o civico. <I contadini a turno vi spremevano l’uva e subito dopo portavano via il mosto in barili a dorso d’asino e lo versavano nelle botti che avevano nella casa in paese; mentre la vinaccia, premuta alla meglio sul posto, era messa a macerare e poi filtrare per ricavare un vinello detto “acquaredda”, largamente usato come dissetante, durante le ore di lavoro> [6].
Circa le origini dei palmenti, Botti, Thurmond e La Greca, scrivono:
< […] la nostra ipotesi […] è che i palmenti in pietra scavati nella roccia, presenti in Italia, compresi quelli ritrovati nel Cilento, siano molto più antichi dell’epoca greco-romana, e risalgono agli inizi del primo millennio a. C. […]. La tradizione potrebbe essere giunta con navigatori egei o fenici> [4].
Essi, in effetti, prospettano l’ipotesi che i palmenti siano da fare risalire a epoca protostorica [periodo compreso tra la prima età del bronzo (prima metà del IV millennio a.C.) e quella del ferro (che ha inizio nel Mediterraneo orientale attorno al XII secolo a.C.)]. In particolare si ritiene plausibile la supposizione, ma non provata, che queste strutture vinarie, fossero state, introdotte nell’Italia meridionale dagli Enotri, popolo che veniva dall’Arcadia, regione della Grecia al centro del Peloponneso [4, 1-a)].
E’ probabile, inoltre, che queste strutture, nel Cilento e nell’Italia meridionale, siano state riutilizzate anche <in epoche successive, da parte dei Greci e dei Romani, nel medioevo, e fin quasi ai nostri tempi> [4].
I Palmenti sono parte integrante del Patrimonio Storico Culturale della regione in cui sono stati ritrovati; sono la testimonianza di antiche tecniche di coltivazione della vite e di produzione del vino; richiamano alla memoria costumi e tradizioni di un’arcaica civiltà rurale.
Pertanto essi, opportunamente protetti dai degradi ambientali e antropici, andrebbero inseriti in percorsi di promozione che rientrino in un più ampio progetto sostenibile di “Turismo Storico-Culturale”.
RIFERIMENTI
- a) E. Martuscelli, <Il Vino del Territorio di Centola, Storia, Miti e Tradizioni>, Edito dall’Associazione Progetto Centola, Tipografia Enzo Albano, Napoli (2019).
b) F. Barra, <Storia di un territorio>, il Terebinto Edizioni, Avellino (2017).
c) <Gli Edifici storici del Comune di Centola>, AA. VV. Curato da E. Martuscelli, Edito dall’Associazione Progetto Centola, Tipografia E. Albano, Napoli (2020).
- G. Olcese, A. Razza, D. M. Surace, <Ricerchemultidisciplinari sui palmenti rupestri nell’Italia meridionale tirrenica>, Proceeding 19th nternatinal Congresso f Classsical Archaelogy, Cologne/Bonn 22-26-May 2018, Edited by M. Bentz and M. Heinzelmann, Vol. 9.
- A. Capano, P. F. Giuliani Mazzei, <Il sito megalitico presso Torraca. Le coeve e successive testimonianze storiche e archeologiche nel territorio di Sapri e del golfo di Policastro>, Edizioni il Saggio (2019).
- A. Botti, D. L. Thurmond, F. La Greca, <Un palmento ben conservato a Novi Velia ed altri palmenti del Cilento>, Annali storici di Principato Citra, IX, 2, 2011, pp 5-52
- <I palmenti rupestri a Forza D’Agro’, monti Peloritani (Sicilia)> https://www.tempostretto.it/video/video-bellezze-dei-peloritani-i-palmenti-rupestri-a-forza-dagro.html
- A. La Greca,<Guida del Cilento- I beni Culturali>, Centro di Promozione Culturale per il Cilento, Acciaroli, 1993, pp. 34-36 (i palmenti).
Si ringraziano per la collaborazione: Salvatore Bianco, Aniello Cammarano e Aniello Ciccariello.
Ezio Martuscelli
Presidente Associazione “Progetto Centola” e Coordinatore del Gruppo “Mingardo/Lambro/Cultura”
18 settembre 2021