Storia di un Territorio di F. Barra, l’articolo di Andrea Luise
Il 2 giugno 2018, nell’ambito della Settima della Cultura 2018 (27/03 – 03/06), presso l’Aula Consiliare del Comune di Centola, è stato presentato il volume “Storia di un territorio” di Francesco Barra.
Andrea Luise ha riportato, in uno splendido articolo che vi riproponiamo qui di seguito, le sue impressioni e considerazioni a riguardo:
Un libro “che veicola le emozioni di questo territorio”. Questa la definizione più efficace del libro del Prof. Francesco Barra, presentato a Centola il 2 giugno 2018.Un libro presentato nella Sala consiliare del Comune di Centola, in quanto inserito nella Settimana della Cultura 2018, curata appunto dal Comune. Ma un libro lungamente atteso dalla Associazione Progetto Centola, in quanto totalmente in linea con la sua filosofia di recupero della memoria storica del territorio del Comune di Centola. E se il titolo “Storia di un territorio” è esplicativo, il sottotitolo “Palinuro, Molpa, San Severino, Foria, Centola” non solo ne dettaglia l’ambito, ma stabilisce già una sorta di gerarchia storico-contenutistica.
Un volume che ricostruisce la storia di una parte significativa del Cilento meridionale dall’antichità più remota sino al Decennio francese (1806-1815), con protagonisti la baronia di Sanseverino – dalla casata normanna dei Morra a don Sancio de Leyva, Camillo Porzio, e i Pappacoda, principi di Centola. La storia socio-religiosa si incentra sulla Abbazia di S. Maria di Centola.
Un libro e un evento che meritavano certo una maggiore partecipazione la sera del 2 giugno e una presentazione meno “compressa” da eventi precedenti e successivi. Una presentazione, tuttavia, utile a invitare ad una lettura accurata di un testo da considerare indispensabile nella biblioteca storica del territorio e nella biblioteca personale di chiunque voglia comprendere gli eventi cilentani in una cornice ben strutturata.
Quello che segue è un Resoconto dettagliato della Serata. Intenzionalmente non un articolo dello scrivente solo sulle proprie impressioni, ma una descrizione oggettiva – a beneficio anche di chi non era presente – di come i Responsabili della Settimana della Cultura (Comune di Centola e Associazione Progetto Centola), il Rettore dell’Università di Salerno, i Relatori e l’Autore del libro hanno voluto presentare un’ opera che andrà ovviamente letta (studiata) da quanti sono interessati o magari lo saranno grazie a quanto scritto qui di seguito.
Resoconto della Presentazione
Ezio Martuscelli, Presidente della Associazione Progetto Centola, Associazione che ha intensamente collaborato con il Comune in questa Settimana della Cultura ormai quasi al termine, ha presentato la serata sottolineando la proficua collaborazione con l’Università di Salerno, all’interno di una più ampia collaborazione Università / territorio nel cui ambito propone borse di studio per studenti locali al fine di studiare la storia del territorio e svolgere ricerche correlate. Martuscelli ha ricordato la tesi di laurea che Antonio d’Angelo discusse con il prof. Barra nel 2000 e il Convegno del 2016 sui Principi Pappacoda come riferimento per il lavoro presentato stasera. Il Presidente del Progetto Centola ha poi “illustrato” – quasi con affetto – il territorio con i suoi due fiumi, gli approdi, il porto di Palinuro riparato dai venti di scirocco, il porto della Molpa riparato dai venti settentrionali. Ha indicato infine una immagine molto suggestiva della ricostruzione del Castello della Molpa, definendo il libro ottimo – senza mezzi termini.
Il Sindaco di Centola, Carmelo Stanziola, ha sottolineato a sua volta l’ampiezza e la validità della collaborazione con l’Università di Salerno, spiegando il ruolo più significativo che Centola sta assumendo anche grazie al progetto Università – territorio. Stanziola ha sentitamente ringraziato Martuscelli e la Consigliera Di Masi per l’intenso lavoro di preparazione e svolgimento dei numerosi eventi della settimana della Cultura.
Il ruolo dell’Università di Salerno e di Napoli nei progetti citati e nello specifico di questa serata, è stato evidenziato dalla presenza del Rettore dell’Università di Salerno, naturalmente dall’Autore del libro, e dai due relatori, docenti rispettivamente della Università di Salerno e dell’Università di Napoli (ma con provenienza salernitana).
Un parterre di Docenti Universitari di Storia, a introdurre un libro che, come si è detto in apertura, rappresenta ora un punto di riferimento nella storia locale.
“Al Sud si può fare” : così ha esordito con giustificato orgoglio il Magnifico Rettore dell’Università di Salerno, Prof. Aurelio Tommasetti. Dopo aver espresso apprezzamento al collega Barra per aver parlato in modo unitario del territorio centolese, il Rettore ha espresso soddisfazione per la collaborazione con il Comune di Centola e in generale per l’intenso rapporto tra l’Università di Salerno e il territorio. Ha, infine, sottolineato la grande capacità di attrazione per gli studenti e la crescita impetuosa dei campus salernitani.
Il primo Relatore è stato il prof. Giuseppe Cirillo, dell’Università di Napoli, già attivo nel citato Convegno sui Principi Pappacoda. Cirillo ha esordito facendo notare come già il titolo del libro sia significativo, e come sia da considerare fondamentale usare un territorio in modo paradigmatico, con comparazioni. Cirillo ha definito il libro lo studio di una baronia medievale con insediamenti ecclesiastici (basiliani), una fase di pre feudalesimo normanno. Ha apprezzato l’ architettura del libro attenta ai caratteri originali del territorio (evidenziati prima da Martuscelli) : morfologia, sistema di fortificazioni, e ancora il ruolo centrale dell’Abbazia, la mole di fonti utilizzate da Barra – ad es. presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Cirillo ha toccato rapidamente la storia degli insediamenti ecclesiastici (basiliani, italo-greci, in aree abbandonate, tra VIII^ e X^ secolo) – insediamenti che giunsero a rappresentare un terzo di tutte le comunità nel sud -e poi quella della baronia di San Severino.
In modo suggestivo Cirillo ha rievocato la concentrazione di Santi ed Icone, tra zone longobarde e bizantine, riferendosi a momenti importanti per la religione e per le comunità e ricorrendo ad elementi comparativi : seguendo una metodologia storiografica consolidata, ha citato elementi-chiave anche sorprendenti, ossia non solo l’ulivo pisciottano, gli ingegneri idraulici, i vini dell’area, ma anche –ad es. – evidenziando come l’allevamento dei maiali in epoca longobarda abbia richiesto e quindi comportato l’importazione di un diverso tipo di quercia dall’oriente… Cirillo ha sottolineato ancora il Paesaggio Vegetale nel Territorio, riconosciuto dall’UNESCO.
Il Relatore ha riconosciuto che si tratta di un territorio da sempre problematico, poco fertile, soggetto ad incursioni barbaresche che spinsero le popolazioni verso l’interno. E ancora la presenza di militari spagnoli e corsari barbareschi a Palinuro, il conseguente e necessario sistema di difesa “passiva” messo su dagli Asburgo (Torri di avvistamento da Napoli alla Calabria). Come asserzione conclusiva del suo contributo, Cirillo ha affermato che i Pappacoda e i de Leyda hanno dato l’impronta al territorio qui esaminato.
Il secondo Relatore è stato il prof. Carmine Pinto, dell’Università di Salerno. In un approccio di sintesi delle indicazioni e risultanze del libro del collega Barra, libro che per Pinto può dare molte prospettive, il Relatore ha sottolineato l’esigenza di lavorare sul territorio anche per favorire la ricerca locale. Come studioso “contemporaneista” della storia medievale, Pinto ha indicato tre risultanze del libro : la marginalità secolare di questo territorio (riscattata per molti versi nei tempi recenti), i “motori” del mondo feudale qui evidenziati, estendibili a tutte le realtà similari (Chiesa – meccanismi di trasmissione della proprietà –conflitti politici, e infine lo scontro sistematico tra le Amministrazioni e la baronia. Pinto ha sottolineato come, ad esempio, la Rendita agraria (o fondiaria), obiettivo e casus di riferimento (motore del conflitto politico nella persistenza sociale) si riproponga ciclicamente, con variazioni. Gli eventi descritti nel libro, ha aggiunto, avvengono sul palcoscenico della grande Storia, quella degli scontri epocali tra Cristianità e mondo Islamico, quella dei Corsari e della pirateria mediterranea. Il libro di Barra, ha continuato, esamina il territorio fino alla fine del regno di Napoli, descrivendo come Palinuro giunga alla “modernità” brutalmente portatavi dai napoleonici, con alcune esperienze religiose seguite fino all’800 e l’evidenza della vischiosità delle strutture sociali. Il prof. Pinto ha concluso il suo intervento indicando i tre punti per lui riassuntivi del libro di Barra: è il lavoro di un Accademico che dialoga col territorio – è l’affresco di una realtà feudale – la modernità esaminata porta manifestamente con sé l’eredità del passato regime.
A completare la presentazione, ha quindi preso la parola l’Autore del libro. Il prof. Barra ha desiderato esordire raccontando la genesi del libro, dal primo “incontro” con Palinuro nell’ Agosto del fatidico 1968 – incontro evidentemente di grande impatto emotivo e personale– con i successivi rapporti di amicizia con la famiglia di Antonio e Teresa Lupo; a seguire il periodo del servizio militare a Napoli con la frequentazione della biblioteca di storia patria, con lo studio dei documenti di Ferdinando Gorgeri sull’ Abbazia centolese e il grande interesse che Barra provò da subito per il suo ruolo e destino. Nel 2016, infine, il Convegno sui Principi Pappacoda organizzato dal Progetto Centola, determinò lo stimolo definitivo per il libro. Barra ha poi descritto le difficoltà enormi per il suo studio di documentazione, soprattutto a causa della distruzione dell’Archivio di Napoli nel tragico 1943, con la perdita degli Atti dei Processi antichi dal ‘400 alla fine del ‘700. Le ricerche proseguirono a lungo presso l’Archivio di Stato a Napoli, come sopravvissuto e inventariato, ad esempio con la ricostruzione di 8 volumi di manoscritti sui processi “sopravvissuti”, importanti per la Baronia di S. Severino. A questa fase preliminare seguì quella di organizzazione dei documenti, con le loro molteplici suggestioni e possibili chiavi di lettura, dal bosco sacro della Bruca visto come potenzialmente finalizzato all’economia della zona, alla più antica moneta (la PAL-MOL) riportante il legame tra cinghiale e bosco sacro. Tra le risultanze e descrizioni del proprio libro Barra indica una Palinuro antica come realtà gravitante verso la Molpa (per la natura del suolo e per il porto canale) a differenza della Palinuro successiva, l’identità tra il Cenotafio di Palinuro e S. Nicodemo, il Monastero basiliano ora chiesa di Palinuro. Barra arriva a conclusioni anche difformi da quelle consolidate localmente, ad esempio definendo l’Abbazia di S. Maria di Centola come benedettina e non come Monastero basiliano, ricordandone la distruzione da parte dei Saraceni e le successive donazioni (1086) del Principe di Sanseverino alla nuova Abbazia, una donazione normanna. In altri termini, un contesto latino e benedettino si aggiunge ad una realtà greca e basiliana (stimolanti queste immagini di sintesi storico culturali!). Barra ha continuato affermando che la Parrocchia nacque come realtà non territoriale ma personale, riferendosi poi alla rapacità e violenza dei Morra, alla fase della Controriforma che non poteva tollerare un’Abbazia con poteri episcopali da parte di un laico, fino alla creazione della Palinuro “moderna” da parte dei de Leyva/Asburgo, al Castello della Molpa e via dicendo. In parziale disaccordo con la posizione di Pinto, l’Autore ritiene che la “marginalità” del territorio sia stata sì innegabile in età medievale e moderna, ma non nei periodi precedenti. E ancora la presenza dei Sanseverino, l’analisi di una feudalità oppressiva, definita da Barra una delle tragedie della storia medievale, pur in presenza di rendite feudali “miserabili” (ad eccezione della tonnara di Palinuro). Per Barra è un paradigma del fallimento storico della feudalità, causa della non continuità tra era medievale e moderna. Barra ha concluso ricordando che nel suo lavoro peculiarità notevoli sono affiancate da tematiche più generalizzabili.
Il Sindaco di Centola ha chiuso la Serata non solo con i ringraziamenti di rito ma sottolineando ulteriori risultati e successi della collaborazione tra Università, territorio e Soprintendenza, citando le iniziative di valorizzazione delle molteplici ricchezze del territorio, ad esempio del riscoperto vino di Centola (candidatura a “Città del vino”), o ancora dello studio di ricerche archeologiche a Palinuro. Tutti risultati – ha concluso Stanziola – delle importanti sinergie tra Istituzioni.
Infine, ad una domanda sul “filo rosso” che possa definire nel tempo e nello spazio questi territori, F. Barra ha indicato la Baronia di Sanseverino, i Normanni, territorio e città “Università” e la comunità di interessi con un fortissimo senso di appartenenza.
Mi piace concludere a mia volta con questo richiamo al senso di appartenenza, niente affatto in contrasto con sentimenti più globalizzati, un senso di appartenenza cui questo libro darà certamente una cornice storica strutturata, di sicuro riferimento.
Andrea Luise
04 giugno 2018